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lunedì 14 novembre 2022

Christian Universalism - a profession of faith (English version)



All the following sentences are not dogmas or revelated Thruths, but only my personal opinions.

God is neither male, nor female, but He/She is our Father, Mother, Friend and Lover. In His/Her Kingdom there is no discrimination on sexuality, race, language, religion, political view, etc.
Jesus of Nazareth is not only a great spiritual theacher, He is the incarnated God. At the same time there are a lot of holy men and women, the Saints guided by God. There are Saints, both inside the organized Christian communities (for example: Makarios the Egyptian, Isaac the Syrian, Catherine of Siena, Theresa of Avila), both outside them (Confucius, Buddha, Mohamed, Rabbi Maimonides, Guru Nanak Dev and others).
Who is a Saint? A person guided by the Holy Spirit, a part of God, who He Himself already gives us in this mortal life. Everyone can meet the Spirit of God. The only limit is that one has to sincerely accept Him and to live in accord to the Spirit. A Saint could make mistakes, as every human, but to follow a Saint's theaching is always a good choice.
If a person practices his/her religion or philosophy with devotion and love, he/she can reach the Holy Spirit, but nobody has the right to impose his way or view to others.
Study of the Holy Scriptures, prayers, rites, ethical laws and meditation are the tools who help us in our spiritual pilgrimage, but only on condition that we also practice charity to our brothers and sisters. In the Gospels, Jesus Christ Himself explains that the real discriminating factor is the charity to others, for example in the Sermon on the Beatitudes (Matthew 5,3-12) or in the Parable of the Sheep and the Goals (Matthew 25,31-56).
The Scriptures, like Bible, Quran, Vedas, Adi Granth and Pali Canon, are inspired by God, but written by humans, who lived in a particular age and country, that influenced them. For this reason, the Scriptures may help us, if we read them with wisdom and not with fanatism or superficiality.
Tradition and traditionalism are not the same thing: the Revelation is progressive and can be adapted to different ages, cultures and societies. We must not always oppose to changes, because they could be positive or, in some situations, necessary.
Material reality and our carnal bodies are gifts of God, expression of His/Her love. We must respect nature, and not abuse or destoy it, because it is not our proprierty. The same for our bodies, that are part of us and necessary for us.

sabato 29 ottobre 2022

Universalismo cristiano - una professione di fede

Questo non è Buddha, ma Gesù ritratto da un'artista cinese.


Fino ad ora ho cercato di non esporre pubblicamente la mia visione  del mondo, perché non verrei creare l'ennesimo "sistema di pensiero", un'ideologia se preferite. In genere la vita è talmente mutevole e complessa da rompere tutti i sistemi in cui cerchiamo di imbrigliarla. Per giunta quando due persone che seguono due ideologie contrarie si incontrano, finisce per scoppiare una guerra, seppure non sempre combattuta con le armi.
Mi veniva però sempre più difficile parlare di spiritualità in astratto, senza una vera e propria visione d'insieme. Ho deciso quindi di spiegare la mia fede in dodici punti, specificando però che si tratta solo di opinioni personali e non di dogmi.

  1. Gesù di Nazareth non è solo uno fra i tanti maestri, me è Dio incarnato.
  2.  Allo stesso tempo esistono anche i santi e le sante sia all'interno delle comunità cristiane organizzate (Macario l'Egiziano, Isacco il Siro, Francesco d'Assisi, Caterina da Siena, Teresa d'Avila, ecc.) sia al di fuori di esse (es. Confucio, Buddha, il profeta Maometto, il rabbino Maimonide, il guru Nanak Dev e tanti altri).
  3. Ma chi è un santo? E' colui che accoglie in sé lo Spirito Santo. 
  4. E chi o cosa è lo Spirito Santo? E' quella parte di Dio che Egli dona a noi, suoi figli, già in questa vita. Tutti possiamo essere santificati e, in un certo senso, "divinizzati" dallo Spirito, come è avvenuto ai grandi maestri spirituali, se siamo disposti ad accettarLo in noi.
  5. I santi, a differenza di Gesù, non sono infallibili. Bisogna prendere con il beneficio del dubbio molte cose che dicono e fanno, sebbene in genere mettersi sulle loro orme sia sempre positivo.
  6. Tutte le grandi religioni e tradizioni spirituali possono condurre a Dio, ma nessuna possiede tutta la Verità su di Lui, poiché la Sua natura più intima non può essere ingabbiata in idee e concetti umani.
  7. Nessuno deve essere forzato a seguire una certa religione o un certo cammino piuttosto che un altro, poiché "le vie del Signore sono infinite" e forse quello che è bene per una persona può essere male per un'altra.
  8. La Bibbia, il Corano, i Veda, l'Adi Granth e qualunque altro testo sacro possono essere d'ispirazione per il cammino spirituale, a due condizioni: a) che li si legga in rapporto alla cultura dell'epoca storica e della regione geografica in cui sono stati scritti; b) che non ci si fermi al senso letterale, come fanno i fondamentalisti, ma se ne cerchi i significato profondo. 
  9.  Si deve sempre distinguere tra tradizione e tradizionalismo. La tradizione è qualcosa di più mutevole di quanto non si creda, infatti ogni religione e filosofia conosce una sua propria evoluzione. Per questo motivo è sbagliato rifiutare a priori ogni possibile riforma o cambiamento.
  10. Non si deve demonizzare né il nostro corpo né il mondo materiale. Essi sono doni di Dio, che possono condurci ad una comunione con Lui, a patto che li trattiamo con rispetto, senza abusarne.
  11. La partecipazione ai riti, lo studio della teologia, l'ascesi e la meditazione sono tutti importanti, purché siano accompagnati dalla misericordia verso il prossimo. Senza compassione nessuno può incontrare Dio.
  12. Non serve più al giorno d'oggi fondare nuove religioni o nuove Chiese cristiane, caso mai bisognerebbe costruire nuove comunità, poiché l'essere umano moderno, specialmente in Occidente, è malato di individualismo.




martedì 11 ottobre 2022

Meditazione focalizzata teistica (1): Introduzione




Chiedo scusa a tutti se non sono un sacerdote né un monaco, un rabbino o un imam.  Vi prego quindi umilmente di prendere le cose che scrivo con il beneficio del dubbio: non sono dogmi o rivelazioni avute da esseri soprannaturali, ma sole mie opinioni personali e, quindi, assolutamente contestabili.
Sono cristiano, ma riconosco un'ispirazione divina in tutte le religioni, per cui accetto di mettere da parte la mia visione del mondo per rivolgermi ai seguaci di qualunque fede, nonché agli atei e agli agnostici.
Come ho più volte spiegato, non credo sia possibile una sintesi fra tutte le religioni a livello dottrinario. Le visione teologiche e filosofiche troppo diverse: addirittura non in tutte le religioni si parla di "Dio" o di "anima", per lo meno non come li intendiamo noi in Occidente. Tuttavia su due elementi si può trovare delle similitudini, cioè la morale e la spiritualità.
Riguardo alla morale, se anche tra le varie tradizioni spirituali ci sono differenze su argomenti come l'alimentazione e la sessualità, d'altro canto esistono regole fondamentali che tutti accettano. Soprattutto ricorre la cosiddetta "Regola d'Oro": "Non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te". Il primo ad esprimerla sembra sia stato il dotto cinese Confucio, mentre Gesù Cristo sarebbe l'unico a porla in positivo ("fa' agli altri quello che vorresti gli altri facessero a te").
Passando alla spiritualità, voglio prima precisare il significato di questo termine. Io concepisco la spiritualità come un lavorare sul proprio mondo interiore, e proprio per questo mi sembra un qualcosa di strettamente collegato all'etica, che invece regola i nostri rapporti con gli altri ed il mondo circostante. Scavando nel nostro sé possiamo arrivare al Trascendente, quello che comunemente noi occidentali chiamiamo Dio.
Qualcuno obbietterà che Dio è irraggiungibile, quindi è inutile cercare di costruire una relazione con Lui, altri che, in fondo, se il Divino è già dentro di noi, non serve nemmeno cercarLo. Entrambe le affermazioni sono incomplete. l'Assoluto, essendo infinito ed eterno, è impossibile da comprendere dalle menti di noi esseri umani, limitati nello spazio e nel tempo, però può essere, per così dire, "percepito" andando oltre i concetti astratti e i ragionamenti che continuamente facciamo su di Lui. Chi afferma che l'umanità e il Trascendente non si incontrino mai, in genere, è semplicemente qualcuno che non ha mai avuto occasione di fare esperienze della vicinanza di Dio.
Riguardo alla presenza del Divino in noi, io ne sono convintissimo, ma temo che non sia così facile entrare in contatto con Lui: siamo troppo distratti dalle mille impellenze della vita quotidiana, come pure dai nostri desideri, dalle nostre paure e immaginazioni per poter badare a Dio. Per giunta è sempre presente il rischio di fraintendere le vere ispirazioni divine dalle costruzioni del nostro inconscio.







Mi permetto di esporre un percorso spirituale, che io per primo sto cercando tra mille difficoltà di seguire: la meditazione focalizzata teistica, che per comodità abbrevio come MFT. Spieghiamo passa per passo, il significato di queste tre parole.
Il termine "meditazione" è stato usato per tradurre termini sanscriti come Dhyana e Bhavana. In realtà, il senso non è tanto quello di riflettere o ragionare su qualcosa, quanto piuttosto praticare uno o più esercizi psicofisici destinati ad aiutare la crescita spirituale. Fino a tempi recenti nella tradizione cristiana, la parola più usata per questo era "contemplazione".
La meditazione può essere di due tipi:
  • Attenzione focalizzata: ci si concentra un singolo oggetto, che può essere una parola, un'immagina, un testo scritto, una parte del corpo, una persona o altro. il Dhikr musulmano, la preghiera di Gesù e la lectio divina cristiane, la meditazione yogica classica e la Kabbalah meditativa ebraica rientrano tutte in questa categoria.
  • Attenzione aperta: si cerca di osserva tutto ciò che accade in noi e attorno a noi, senza attaccarsi a nulla, ma lasciandolo scorrere. Pratiche di origine buddista, come Vipassana, Mindfulness e meditazione panoramica tibetana, fanno parte di quest'altro raggruppamento.
Un'altra distinzione può essere compiuta sulla base dell'impostazione mentale di colui che medita( il meditante):
  • meditazione teistica: qualora il suo intento è l'incontro/unione con una divinità concepita come una persona.
  • meditazione a-teistica: se il suo scopo è invece raggiungere un Divino impersonale.
Facciamo attenzione che per "a-teistica" non si intende una pratica "atea": semplicemente questo tipo di meditazione proviene da tradizioni spirituali, come buddismo, taoismo e confucianesimo, non considerano indispensabile da venerazione di uno o più dei per la realizzazione spirituale, nonostante alcune frange di queste scuole di pensiero ammetano il culto per i loro fondatori (rispettivamente Buddha, Confucio e Lao-Tse) e per altri personaggi eminenti.
L'idea di un Dio-persona, tuttavia, rimane più tipica delle tre religioni di Abramo (ebraismo, cristianesimo e Islam), del sikhismo (un altro monoteismo ma non derivato da Abramo), dello shintoismo giapponese e di gran parte dell'induismo, come pure degli antichi culti di greci, romani, egizi, eccetera. La maggior parte delle religioni è quindi teista.
In questo saggio esamineremo un tipo di meditazione teistica focalizzata, non perché sia migliore della altre, bensì per il semplice motivo che è quella che io pratico. Non sarei in grado di parlare di Vipassana o di Zazen, visto che non mi ci sono mai accostato. Nei capitoli successivi prenderò in esame alcuni forme di MFT riprese da induismo, ebraismo, cristianesimo e Islam, quindi trarrò alcune conclusioni.

NB quelli che io propongo sono solo alcuni dei tanti metodi di meditazione possibili, quindi potranno non essere adatte a chiunque. In fondo non mangiamo tutti le stesse cose, non svolgiamo tutti lo stesso lavoro e, per fortuna, non ci innamoriamo tutti dello stesso uomo o della stessa donna. Perché non dovrebbero esserci diverse vie per raggiungere l'Assoluto, ciascuna più adatta a determinate persone piuttosto che ad altre?

CONTINUA



martedì 6 settembre 2022

Domande frequenti sulla mistica



Cos'è la mistica?

Difficile rispondere a questa domanda. Sono state formulate mille definizioni della parola "mistica", ma la più convincente, almeno secondo me, è "la disciplina che mira ad un contatto diretto con il Trascendente".

La mistica e la religione sono la stessa cosa?

Se mi permettete la battuta, la mistica è un po' la religione 2.0, deriva dalla religione, ma ne supera i confini. In genere i mistici sono coloro che non si accontentano di una adesione solo formale a concetti, riti e norme di comportamento. Sono coloro che vanno più a fondo, in alcuni casi intraprendendo una vita di tipo ascetico, altri elebarando pratiche di meditazione.

Come è nata la mistica?

Esiste una teoria molto diffusa fra gli studiosi, in cui si ritiene che, in un primo momento, l'umanità ha considerato tutto l'universo come qualcosa di sacro e divino, poi, con la nascita delle religioni organizzate è avvenuta una scissione: il Creatore è divenuto qualcosa di "altro" rispetto alla creazione. La mistica sarebbe un terzo passaggio, in cui si cerca di ricostruire l'unità perduta Creatore-creature. Io, tuttavia, mi permetto di suggerire un'altra interpretazione: le prime divinità venerate dagli esseri umani erano tutt'altro che buone o sagge. Nei più antichi Vedi (i testi sacri indù) si legge che Indra, il dio del tuono, non faceva che combattere ed ubriacarsi  fino a non potersi più reggere in piedi. Nella mitologia greca Zeus tradiva continuamente la moglie Hera, inoltre per diventare signore dell'Olimpo aveva ucciso suo padre Cronos. Anche il Dio ebraico ordinava al suo popolo guerre e stragi con ben poca misericordia per i nemici. Questa è "l'infanzia della religione", poi è arrivata "l'adolescenza", in cui si è cominciato a credere in un Dio che rappresenta la morale, poteva essere un Dio unico, come quello degli ebrei, o semplicemente una divinità più potente di tutte le altre. Solo che tutti ci rendiamo conto che non sempre i casi della vita sono governati dalla morale. Non c'è essere umano che non si sia mai chiesto perché un Dio buono permette tante cose malvage. A questo punto l'umanità è entrata nella sua fase adulta: qualcuna ha rigettato in blocco la religione, divenendo ateo, qualcun altro ha cominciato a cercare il Divino non più nel mondo esterno bensì in quello interiore. Questi ultimi sono i mistici.

I mistici sono sempre anarchici, in contrasti con la religione "ufficiale"?

Non è sempre così. Certo, restando da noi in Occidente, abbiamo avuto i casi di Margherita Poreto e Giordano Bruno che sono finiti vittime dell'Inquisizione. D'altra parte dobbiamo anche notare la stima che, per esempio, i papi cattolici hanno avuto nei confronti di mistici, quali Francesco d'Assisi, Domenico di Guzman e Caterina da Siena, e soprattutto quest'ultima era una donna ribelle che non si faceva problemi ad usare un linguaggio duro con lo stesso pontefice

La mistica è qualcosa di esoterico, riservato a pochi iniziati?

Anche in questo caso non è sempre così, dipende dalle diverse scuole mistiche di cui stiamo parlando. Di sicuro la Qabbalah ebraica è forse la scuola più esoterica. Per secoli è rimasta chiusa in ristretti circoli di rabbini, i quali si impegnavano a non divulgarne i segreti. Solo il movimento chassidico (o hasidico), nato nell'Europa dell'Est nel '700, ha cercato di rendere alcuni aspetti della Qabbalah alla portata della gente comune. L'estremo opposto è forse la contemplazione cristiana: l'unica iniziazione richiesta è il battesimo e, anche se è stata coltivata soprattutto nei monasteri, non si è mai impedito ai laici di praticarla.

Per intraprendere un cammino mistico è necessario credere in una o più divinità?

Se da un lato tutte le tradizioni spirituali credono l'esistenza di qualcosa del Trascendente, di un "altro" rispetto alle nostre percezioni sensoriali, dall'altro lato non tutte lo descrivono nello stesso modo. Diciamo che in Europa e nel Mediterraneo si tende a vedere il Divino come un "qualcuno", nelle culture dell'Estremo Oriente lo si percepisce più come un "qualcosa". L'India è quasi una via di mezzo tra queste due concezioni: all'interno dell'induismo esistono sia scuole di pensiero teiste, che credono in una Divinità personale, come avviene in Occidente, sia altre non teiste che credono in un Divino impersonale.

E' vero che i mistici sviluppano poteri paranormali?

Ci sono testimonianze, non si sa fino a che punto attendibili, su mistici capaci di compiere guarigioni miracolose, di leggere nel pensiero, levitare, predire eventi futuri e molto altro, tuttavia i maestri spirituali cono concordi nell'affermare che questi sono come degli "effetti collaterali". Lo scopo che si prefigge un mistico non è quello di diventare una sorta di supereroe e chi si accosta alla spiritualità in cerca del miracoloso o dell'eccezione rischia facilmente di perdersi.

Qual è allora lo scopo del cammino spirituale?

Ogni essere umano ha quattro dimensioni: il rapporto con sé stesso, con gli altri, con la natura e con il Trascendente. L'intraprendere un percorso mistico, qualunque esso sia, intende creare un giusto equilibrio fra tutti questi rapporti e trasformarli in una comunione universale. Dio, l'umanità e il mondo ci appaiono come compartimenti stagni, ma possiamo scoprire che sono in realtà vasi comunicanti in contatto l'uno con l'altro.

lunedì 30 maggio 2022

In libreria "Racconti Apocrifi"

 Finalmente potete trovare in libreria il mio libro Racconti Apocrifi. In esso ho cercato di spiegare almeno cinque grandi religioni (zoroastrismo, buddismo, Islam, cristianesimo e sikhismo) attraverso delle narrazioni legate alle vite dei loro fondatori. L'impresa è stata ardua, poiché non mi ero mai trovato a dover far coesistere mito, realtà storica e mia immaginazione. 



I racconti di cui sono più orgoglioso sono quelli dedicati a Maometto e a Buddha. Soprattutto di quest'ultimo temevo di non farcela, visto che io sono sempre stato un "teista" che crede in una divinità trascendente, mentre lui era un agnostico che non riteneva indispensabile la fede negli dei per raggiungere l'Illuminazione.



Quelli che mi ha fatto più penare è stato invece il racconto su Gesù, visto che è un personaggio su cui, almeno da noi in Occidente, si è detto tutto ed il contrario di tutto. Per questo ho preferito incentrarlo più sui suoi discepoli che su di Lui personalmente.

I racconti su Zarathustra e sui dieci Sikh Guru, infine, sono quelli in cui ho dovuto "inventare" maggiormente, visto che trovavo poco materiale in italiano su queste figure. In ogni caso spero di essere riuscito ugualmente a condensare il senso del loro messaggio.



Potete ordinare il libro nella vostra libreria di fiducia o direttamente a questo link.

martedì 10 maggio 2022

Racconti Apocrifi a Porto Seguro Show



Informo tutti che alle ore 18,30 circa sarò a Porto Seguro Show, presso il Cinema Teatro Trieste, in via Antonio Pacinotti n. 6, a Milano per presentare il mio libro Racconti Apocrifi, pubblicato da Porto Seguro Edizioni.

A questo link trovate altre informazioni.

Spero accorrerete numerosi.


lunedì 9 maggio 2022

Racconti apocrifi



Mi permetto di presentare qui un libro che ho scritto io personalmente. Uscirà questo venerdì presso l'editore Porto Seguro. Si tratta di un progetto intitolato “Racconti Apocrifi”, che si compone di un'antologia contenente cinque storie ispirate alle vite dei fondatori delle grandi religioni: Zarathustra (lo zoroastrismo), Buddha (il buddismo), Gesù e gli Apostoli (il cristianesimo), Maometto (l'Islam), Nanak Dev e i Sikh Guru (il sikhismo). Ci saranno anche alcune sorprese: per esempio, molto probabilmente a dare l'avvio al monoteismo non è stato Abramo ma Zarathustra; i monoteismi sono più di tre;  le donne furono molto importanti nell'esistenza di Maometto; Buddha non era contrario all'esistenza degli dei ed il buddismo è più che una filosofia.


martedì 28 settembre 2021

Una mia esperienza ecumenica


 


Ho avuto un'interessante discussione on line con alcuni musulmani ed un buddista. Il buddista diceva che per Buddha la cosa più importante è la meditazione, per gli islamici è la sottomissione a Dio (una sottomissione attiva e non passiva, visto che la parola "Islam" vuol dire anche "accoglienza"). Io ho spiegato che l'insegnamento essenziale di Cristo è la carità verso gli altri. Se ci fosse stato un confuciano, penso avrebbe parlato dell'armonia, un ebreo della giustizia, uno shintoista della purificazione, ecc.

Se ci pensiamo bene, sono tutte cose importanti e sarebbe utile svilupparle nell'arco della vita. Solo che ognuno ha le sue priorità e deve scegliere quale strada va meglio per la sua situazione personale. 

giovedì 16 settembre 2021

Vale ancora la pena convertirsi ad una religione?

Olivier Clément


Come avevo detto tempo fa, un autore che mi ha profondamente influenzato è stato Olivier Clément, un francese, figlio di genitori atei e non battezzato, il quale, all'età di trent'anni, si convertì alla Chiesa Cristiana Ortodossa. Dopo aver letto i suoi libri, ho frequentato per un certo periodo le comunità ortodosse, ma vi ho trovavo gli stessi difetti della Chiesa Cattolica Romana: il tramutare la morale in moralismo e la propria visione teologica in una ideologia incontestabile. Inoltre, molti ortodossi, a differenza di Clément che ha sempre sostenuto il dialogo tra le diverse Chiese e religioni, ritengono l'ecumenismo una forma di relativismo da combattere. Anche se quest'ultimo, ho notato, è un difetto più degli ortodossi europei che di quelli mediorientali. Per tutti questi motivi, io non sono diventato ortodosso.

Forse ad impedirmi una vera conversione è stato anche il fatto che io tendo a guardare all'ortodossia più con lo sguardo di uno studioso che con quello di un fedele. Sono un po' come Henry Corbin che studiò per anni l'Islam sciita, ma non abbracciò mai personalmente lo sciismo.

A questo punto, sorgono alcune domande: esiste forse una religione che non abbia commesso atrocità? Oppure che non si sia mai corrotta con il denaro e il potere temporale? La risposta è no. Certo, noi conosciamo bene gli errori delle religioni abramitiche (cristianesimo, Islam ed ebraismo), ma ignoriamo quelli della altre. Per esempio non sappiamo che  il confucianesimo "imperiale" in Cina o allo shintoismo "di Stato" in Giappone (quello che ha creato i kamikaze), oggi, sono considerati aberrazioni dagli stessi confuciani e shintoisti. Ancora si potrebbe parlare del movimento detto Hindutva (indianità), che associa così strettamente l'appartenenza nazionale con la fede religiosa tradizionale da considerare i non induisti dei veri e propri corpi estranei nella società indiana da eliminare. Forse, persino il Tibet, se fosse ancora governato dal Dalai Lama, sarebbe criticato come un regime fondamentalista, dove la legge religiosa buddista controlla ogni aspetto della vita pubblica e privata.

D'altro canto, se ci sono motivi validi per guardarsi della religioni "organizzate", ne esistono due altri per cui può essere ancora utile aderire ad una religione o ad una Chiesa: 

  1. Se è vero che ognuno deve col tempo diventare il maestro di sé stesso, però ha bisogno prima di avere un insegnante che lo formi. Per questo tutti abbiamo la necessità di trovare un padre spirituale (o eventualmente una madre) che ci aiuti a formare la nostra interiorità. 
  2. In una società malata di individualismo, come quella occidentale contemporanea, può essere formativo fare parte di una comunità. Aiuterebbe a trovare un equilibrio tra noi stessi e gli altri, oltre che a non assolutizzare così tanto la libertà personale da tramutarla in egoismo.
  3. Per arrivare all'apofatismo, ossia ad un rapporto diretto con Dio, al di là di tutti le definizioni e i nomi che possiamo darGli, prima dobbiamo però passare per il catafatismo, cioè per una conoscenza concettuale. A questo servono materie come la teologia e la filosofia. 
Quindi, non si può rigettare del tutto i dogmi, i testi sacri, i riti, le immagini sacre e tutto quello che la cultura religiosa produce. Semplicemente, bisogna considerarli non il fine ultimo delle fede, bensì una specie di trampolino di lancio verso la trascendenza.

Inoltre, ognuno deve capire quale religione può andare bene per lui. Avevo già citato in passato un racconto cinese in cui Confucio, Buddha e Lao-Tse, i fondatori delle tre fedi tradizionali della Cina (confucianesimo, buddismo e taoismo), immergono tutti e tre un dito nell'aceto e lo assaggiano. Confucio lo trova aspro, Buddha amaro e Lao-Tse dolce. Se per noi la vita è aspra, dovremmo seguire il confucianesimo, se è amara il buddismo, e se è dolce il taoismo. Ma potremmo anche necessitare dell'Islam, del cristianesimo, del sikhismo, dell'animismo e di tante altre scuole di pensiero. Dobbiamo solo essere disposti a cercare.

venerdì 3 settembre 2021

Meditazione e mistica. Come orientarsi?

Avevo già scritto un post tempo fa su quanto sia difficile definire cosa sia una religione, visto che persino la credenza in una o più divinità ed in una vita oltre la morte non sono elementi presenti in tutte quelle che noi oggi definiamo come religioni. Inoltre ognuna di esse tende a dividersi al suo interno in più confessioni, le quali, a volte ma non sempre, si combattono tra loro.

Un mandala tibetano

Calligrafia araba con il Nome di Allah


Tralasciando tutte questi dilemmi, nonché le polemiche da essi suscitati, possiamo ugualmente affermare che in tutte le Chiese cristiane ed in tutte le grandi religioni è presente una mistica, intesa come una ricerca dell'Assoluto. Certo, l'immagine che si dà a questo Assoluto cambia: per cristianesimo, Islam ed ebraismo si tratta della Comunione con un Dio personale. Per induismo e sikhismo (nonostante il primo sia politeistico ed il secondo monoteistico) l'unità ricercata è quella con una Divinità impersonale, quindi più che di Comunione, in cui ognuno rimane sé stesso, si deve parlare di Fusione, nella quale si perde la propria identità . I buddisti, invece, cercano l'Illuminazione, gli shintoisti giapponesi la Purificazione, ecc. Nonostante ciò, i mezzi, che i mistici di tutte le religioni usano nel loro cammino, appaiono incredibilmente simili.

Il Nome di Dio in ebraico (si legge alla rovescia)



Chiarisco subito che la via mistica non è un sistema per ottenere poteri magici o paranormali. Sebbene ammetto che eventi inspiegabili possano anche accadere, ma non sono essi il fine. Non è nemmeno così strettamente necessario separarsi dagli altri esseri umani, per condurre un'esistenza da asceti in mezzo al deserto o sul cucuzzolo di una montagna, anche se per alcuni individui possa essere questa la strada migliore da percorrere nella propria vita. Non serve nemmeno un rito di iniziazione, come credeva René Guénon, un pensatore per altri versi interessante, ma che aveva una sorta di ossessione per tutto ciò che era esoterico, ossia riservato a pochi. Caso mai può essere utile per un serio cannino spirituale trovarsi un maestre e/o fare parte di una comunità. In tal caso esistono comunità che hanno un'impostazione iniziatica ed accettano solo pochi membri selezionati (es. i cabalisti ebrei o i Sufi musulmani). In genere, però, la mistica è un cammino aperto a tutti, uomini e donne di qualunque ceto sociale, lingua, cultura, nazionalità ed orientamento sessuale, poiché non è nient'altro che la spiritualità già dimorante in ciascuno di noi. Il nostro compito è solo quello di coltivarla e farla crescere. 

A questo punto sorge spontanea una domanda: come coltivare la propria spiritualità? Uno dei testi più importanti dell'induismo, la Bhavagad-Gita, raccoglie un dialogo tra Krishna, un avatar del dio Vishnu, e il principe Arjuna. Il dio insegna a questi quattro percorsi che un uomo può seguire per raggiungere l'elevazione spirituale, pur precisando che ne esistono anche altri. Essi sono:

  • Karma Yoga: la via dell'azione sacralizzata, l'agire disinteressato, compiendo il proprio dovere senza pensare alle conseguenze positive o negative che ciò possa avere. Penso che la Chiesa cattolica, pur avendo molto colpe, abbia sfornato molti "mistici d'azione" che hanno seguito questa strada, per esempio Caterina da Siena, Brigida di Svezia, don Milani e Oscar Romero.
  • Jnana Yoga: la via della conoscenza spirituale, il cercare la verità metafisica dell'esistenza dietro le apparenze. Si tratta del percorso seguito da tutti i filosofi e i teologi: da Socrate a Tommaso d'Aquino, dal rabbino ebreo Maimonide agli islamici Ibn-Arabi e Sohravardi.
  • Bhakti Yoga: la via della devozione e dell'amore verso una divinità o anche solo verso un maestro spirituale. È forse la strada più percorsa dai fedeli di un po' tutte le religioni. 
  • Dhyana Yoga: generalmente viene intesa come via della "meditazione". In realtà il termine Dhyana in sanscrito si può tradurre anche come "contemplazione". Nella tradizione cristiana il termine "contemplazione" è molto più usato per intendere il calarsi nel proprio intimo, andando oltre tutti i concetti (apofatismo), mentre con "meditazione" si intende una riflessione ancora legata alla ragione e ai concetti (catafatismo).
San Mosé l'Etiope medita davanti un'icona


In questo post voglio concentrarmi soprattutto sul Dhyana Yoga o, come lo chiamo io, la via apofatica. Ci sono differenti metodi per raggiungere lo stato di contemplazione/meditazione. Ne elenco i principali:

  • concentrarsi su una parola o una frase. È la pratica del mantra, presente nelle religioni del Subcontinente indiano (induismo, buddismo, jainismo, sikhismo), ma ha un parallelo nella Preghiera di Gesù o esicasmo cristiano e nel Dhikr musulmano.
  • concentrarsi su un'immagine. L'esempio tipico sono i mandala buddisti, ma anche il culto dell'icona presente nelle Chiese ortodosse è molto simile. Tra gli ebrei e i musulmani c'è chi si concentra su una parola della Scrittura, sulla sua grafia in ebraico o in arabo (considerate lingue sacre di per sé stesse). In particolare molti rabbini cabalisti meditano sul Nome di Dio, il tetragramma JHWH.
  • concentrarsi su un'idea, non più quindi su un'immagine fisica ma su un'immagine mentale.
  • preghiera spontanea. Molto più difficile di quanto non si creda. Bisognerebbe riuscire a mantenersi sempre sullo stesso argomento o, per meglio dire su un solo gruppo di idee collegate fra loro. Io per primo ho difficoltà a praticare questo metodo.
  • immobilità mentale. È una tecnica molto elevata e difficile da raggiungere. L'esempio più significativo è lo Zen, una pratica buddista predicata in Cina dal monaco indiano Bodidharma, ma oggi diffusa soprattutto in Giappone, che prevede l'immobilità totale sia del corpo che del pensiero, sino ad arrivare ad uno stato chiamato Zazen.

mercoledì 28 luglio 2021

"I Quattro Maestri" di Vito Mancuso [recensione]


 

Vito Mancuso è un teologo laico, sposato e con figli, che è divenuto noto al grande pubblico grazie al successo del suo libro L'Anima e il Suo Destino, pubblica nel 2007 da Raffaello Cortina. Si tratta quasi di mio compaesano, visto che è nato a Carate Brianza, mentre io sono di Giussano e vivo da sempre a Verano Brianza. Mancuso si definisce un post-cristiano, che è critico con le Chiese cristiane, di cui non riconosce alcuni dogmi, ma ne accoglie altri insegnamenti, come spiega eloquentemente sul suo  sito. Io, all'opposto, mi considero un neo-cristiano che vuole una riforma della sua religione, abbandonando le divisioni tra le diverse Chiese ed accogliendo pure insegnamenti nuovi dalle altre fedi e filosofie. 

Tornando a Mancuso, nel suo libro I Quattro Maestri, riprende una tesi del filosofo tedesco Karl Jaspers, secondo la quale i quattro uomini che hanno segnato maggiormente il pensiero umano sono stati Socrate, Buddha, Confucio e Gesù. Il teologo li esamina uno ad uno, mettendo in risalto qual era il nocciolo del loro pensiero e cosa possono ancora insegnare agli uomini e le donne di oggi:

  • Socrate è stato un educatore che insegnava alle persone a formarsi una coscienza morale;
  • Buddha un medico che cercava di curare il dolore;
  • Confucio un politico che voleva creare una società ordinata e solidale;
  • Gesù un profeta che annunciava un Regno di Dio destinato a cambiare il mondo.

Argutamente, Mancuso fa notare come gli occidentali contemporanei non vogliano maestri, eppure tutti noi abbiamo avuto degli "istruttori" che ci hanno insegnato a leggere, scrivere, fare i calcoli, guidare la macchina, svolgere un lavoro e tante altre cose. Non accettiamo però che qualcuno ci insegni a vivere. La cosa  in sé non sarebbe nemmeno sbagliata, perché ognuno dovrebbe col tempo imparare ad essere il maestro di sé stesso, come sostenevano gli illuministi. Per Mancuso, comunque, prima di arrivare a questo, è giusto avere dei maestri, ma molteplici e non permanenti. In pratica, non bisogna per forza seguire tutta la vita il maestro, senza emanciparsene mai, anche perché il vero maestro è chi ti insegna ad essere autonomo. Inoltre, in diversi momenti dell'esistenza si può avere bisogno di diversi maestri. Ognuno deve capire di quale maestro ha bisogno lui personalmente in quel particolare passaggio della propria esistenza. 

Per spiegare questo, l'autore riporta un racconto della tradizione cinese, che potrebbe forse far sorridere: Confucio, Buddha e Lao-Tse (il fondatore del taoismo) intingono tutti e tre un dito in una botte piena di aceto e ne assaggiano il contenuto. Confucio lo trova aspro, Buddha amaro e Lao-Tse dolce. Chi ha scritto questa storiella era probabilmente un taoista che voleva dimostrare la superiorità della sua scuola di pensiero sulle altre, tuttavia il racconto ci pone una domanda: che sapore ha per noi la vita? Se la vita è aspra siamo in sintonia con Confucio, quindi è lui il maestro che fa per noi; se è amara, ci serve Buddha e, se è dolce, Lao-Tse.

Vito Mancuso


Posso dirmi d'accordo su tutto questo, ma ci sono anche alcuni elementi nel saggio del teologo che non condivido: 

  • Innanzitutto, quando parla di Gesù, Mancuso dà una lettura dei Vangeli soprattutto di tipo storico-letterario, mentre io ho sempre preferito quella allegorica. l'autore entra infatti in un vicolo cieco: cerca di distinguere il Gesù storico dal Cristo insegnato dalle Chiese, però deve poi riconoscere che questo è impossibile, perché i Vangeli e tutto il Nuovo Testamento sono opera di autori che volevano dimostrare che Gesù é Cristo. Inoltre, anche se non è trattato specificamente in questo libro, esiste un problema che i Vangeli pongono ai lettori contemporanei: l'evento chiamato Resurrezione. Se Gesù è risorto, bisogna considerarlo superiore ad ogni altro maestro, anzi ad ogni altro uomo. Se non lo è, pur restando un grande saggio, i suoi discepoli sono stati degli impostori. Secondo me, non dobbiamo intendere la Resurrezione come la vicenda di un cadavere che esce dalla tomba, altrimenti si tratterebbe di una sorta di racconto horror, simile a quelli degli zombi di George Romero o del Conte Dracula. Dovremmo, invece, esaminare quello che dicono molti teologi e mistici della Chiesa ortodossa, ossia che la Resurrezione è anche Theosis, divinizzazione. In questo caso, può diventare accettabile persino per noi oggi.
  • Mancuso, come anche Jaspers, ammetteva che esiste un quinto uomo che ha influito sulla storia umana, quanto Gesù, Buddha, Confucio e Socrate. Si tratta di Maometto, ma entrambi lo sottovalutano, considerandolo semplicemente un rielaboratore di ebraismo e cristianesimo. Peggio, Mancuso ritiene che il Profeta dell'Islam, avendo fondato delle istituzioni religiose e politiche, sia stato l'opposto dei profeti biblici che erano persone contrapposte alle istituzioni. Muhammad fu invece un legislatore ispirato che cercò di creare una civiltà più giusta in Arabia, un po' come aveva tentato di fare Confucio in Cina. In aggiunta, fu molto più inclusivo di quanto non si creda: per lui non solo cristiani ed ebrei, ma anche zoroastriani e gnostici erano ispirati da Dio, e persino nella religione politeista degli arabi pre-islamici c'era qualcosa da salvare, come spiego in questo mio articolo 
  • Il teologo, infine, condivide quella sorta di vulgata ideologica per cui comunismo e nazifascismo sarebbero la stessa cosa. Pur riconoscendo tragedie come i gulag sovietici o le stragi della Cambogia di Pol-Pot, non me la sento di condannare in blocco il marxismo. In primis, perché vedo che chi nel mondo si batte per cose come la giustizia sociale, l'anticolonialismo e l'antifascismo, in genere, si definisce ancora oggi comunista. Mi ha molto commosso la frase di Alekseij Markov, il comandante di una brigata di partigiani russi del Donbass in lotta contro il governo neonazista ucraino, che diceva riguardo ai suoi nemici "Possono odiarci, ma noi non possiamo, perché sono nostri fratelli". In secundis, anche il liberalismo si sta dimostrando sempre più una forma di totalitarismo. L'Occidente liberale, che al suo interno sostiene (giustamente) le liberà individuali, nel resto del mondo con le sue guerre coloniali ha causato tra i cinquanta e i cinquantacinque milioni di morti, solo negli ultimi settant'anni [cfr. Noam Chomsky e Andre Vltchek Terrorismo Occidentale]. Se a questo dovessimo aggiungere le vittime "indirette" dovute alla fame e alla povertà, le cifre eguagliano quelle della Germania nazista e della Russia stalinista.
  • Mancuso ripete a più riprese che la caratteristica fondamentale di Dio non sia la bontà, bensì la giustizia. Non è il primo pensatore eminente da cui sento questo discorso. In fondo, Buddha parlava di Karma, Socrate metteva al primo posto la giustizia ("meglio subire un'ingiustizia che commetterla" diceva), Confucio applicava una forma di legge del taglione, ed anche Gesù insegnava a pregare il Padre con le parole: "Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori". Quindi, per Lui, può essere perdonato solo chi, a sua volta, perdona. Nonostante tutto questo, io non riesco a fare a meno di pensare a Isacco di Ninive, un santo cristiano arabo, il quale insegnava che "Tutti gli uomini buoni e cattivi sono racchiusi entro i confini dell'amore di Dio" e ancora che l'Onnipotente è sempre in cerca di uno "stratagemma" per salvare gli uomini. Forse, la vera spiegazione è che solo Dio conosce il vero equilibrio tra giustizia e misericordia.
In conclusione, voglio fare mia una triste constatazione di Mancuso, cioè che, in questo momento, l'unico vero maestro dell'Occidente sembra essere Friedrich Nietsche, il filosofo tedesco che voleva vivere "al di là del bene e del male" e che metteva sopra ogni cosa la "volontà di potenza". Probabilmente, in pochi hanno letto le sue opere, ma temo che tutti possano riconoscersi nel discorso finale di Alberto Sordi nel film Finché c'è Guerra c'è Speranza "Anche le persone come voi, le famiglie come la vostra, che vogliono, vogliono e non si accontentano mai: le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto! E per procurarseli, qualcuno bisogna depredare, ecco perché si fanno le guerre!” In pratica, tutto è lecito per arrivare ai propri scopi, non importa con che mezzi. La morale, che i quattro maestri (e molti altri grandi uomini) ci avevano insegnato, è divenuta irrilevante. In pratica, l'unica legge è un continuo mors tua vita mea, e non solo per i singoli individui: persino le istituzioni seguono un principio opportunistico, al punto che anche le religioni e le ideologie politiche vengono usate solo come un mezzo per l'avanzamento personale. Gli effetti sono molteplici: dallo sfacelo nei rapporti interpersonali alla sparizione del welfare, dal divario sempre più grande tra ricchi e poveri all'esaurimento delle risorse del nostro pianeta. Qualora non ci sia una conversione che riporti  al centro l'etica, il destino dell'umanità pare tragico, però una conversione può iniziare solo dall'esperienza interiore dei singoli.


sabato 24 luglio 2021

L'esicasmo è lo yoga cristiano?

L'esicasta Isacco di Ninive



Ultimamente capita spesso di leggere articoli in rete che parlano dell'esicasmo come di una forma di yoga o di meditazione trascendentale. Il primo a scrivere un saggio dal titolo Esicasmo: Yoga Cristiano fu Anthony Bloom, un vescovo ortodosso russo espatriato in Occidente (il suo nome di battesimo era Andrej Borisovic Blum) e potete leggerlo a questo link

La preghiera esicasta, infatti, è parte della spiritualità delle Chiese cristiane ortodosse, ed è presente sia tra quelle di tradizione duofisita (i greci e gli slavi), che riconoscono l'umanità e la divinità di Cristo come due nature distinte, sia tra quelle miafisite (i copti, i siriaci e gli armeni) che le considerano un'unica natura. Persino la Chiesa assira d'Oriente, che è separata da entrambi i rami dell'ortodossia, ha una sua tradizione di esicasmo, incarnata dal mistico medievale Isacco di Ninive, venerato da tutti gli ortodossi col nome di Sant'Isacco il Siro.

 In Occidente, l'esicasmo ha cominciato ad essere conosciuto solo nel secondo Dopoguerra, in parte tramite quei religiosi ortodossi che fuggivano dal comunismo, come il sopracitato Bloom, in parte grazie a occidentali convertiti, per esempio Olivier Clément in Francia e Kallistos Ware in Inghilterra. In questo modo, la preghiera esicasta è divenuta trasversale a tutte le Chiese cristiane, tanto che  anche l'anglicano Rowan Williams, arcivescovo emerito di Canterbury, la pratica, così pure il cattolico Enzo Bianchi, fondatore del Monastero di Bose.

Cos'è l'esicasmo?

San Gregorio Palamas


Il termine "esicasmo" viene dal greco Esichia, che significa silenzio o quiete. Molti esicasti ritengono che la loro pratica, legata alla ripetizione di una breve invocazione contenente il nome di Gesù, sia stata insegnata da Cristo stesso ai suoi Apostoli. Nei Vangeli, però, non c'è traccia di questo evento. L'unica preghiera insegnata da Gesù sarebbe il Padre Nostro, tuttavia Cristo dice ugualmente cose importanti su come si prega. In primis che non bisogna "sprecare parole come i pagani" (Matteo 6,7) e subito dopo: "Tu, invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Matteo 6,6). Da notare che, a quei tempi, ben pochi potevano avere una stanza tutta per loro. La stanza in cui chiudersi per adorare Dio sarebbe dunque quella interiore, il proprio cuore, nel quale gli antichi vedevano non tanto la sede dei sentimenti, quanto il centro di tutta la persona. Se a ciò aggiungiamo la frase di San Paolo "Occorre pregare sempre", si capisce la necessità per i cristiani di elaborare un metodo per mantenersi sempre in uno stato di preghiera interiore.

L'esicasmo nasce così attorno al IV secolo d.C. tra i Padri e le Madri del Deserto, ossia i primi monaci e monache cristiani, presenti tra Egitto, Siria e Palestina. In particolare, il metodo va definendosi nel Sinai, dove vengono redatti alcuni grandi testi spirituali, quale La Scala del Paradiso (o Scala delle Virtù) di San Giovanni Climaco, molto conosciuta e stimata pure dai cattolici romani. In seguito, l'esicasmo raggiunge il Monte Athos, in Grecia, forse anche grazie all'arrivo lì di San Gregorio il Sinaita dall'Egitto. Qui viene elaborata la cosiddetta Preghiera di Gesù, "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore" che va a sostituire l'invocazione usata dai Padri del Deserto, "Vieni, Signore, in mio aiuto. Vieni presto in mio aiuto".  

Nel XIV secolo scoppia una controversia contro gli esicasti a causa di un filosofo, Barlaam il Calabro (che oggi sarebbe considerato un italiano). Non sono giunti a noi scritti di questo autore, ma sembra accusasse i monaci del Monte Athos di non venerare veramente Dio ma solo il loro ombelico! Per Barlaam, a quanto sembra, era impossibile entrare in contatto diretto con Dio, tutt'al più si poteva discutere di lui in ambito filosofico-dottrinale. A difesa degli esicasti scrisse invece San Gregorio Palamas, che dette un'inquadramento teologico all'esicasmo: Palamas distinse tra l'essenza di Dio, che resta inconoscibile alle sue creature, e le energie divine, che, invece, compenetrano la natura creata, umanità compresa. Proprio le energie di Dio possono essere percepite dagli esseri umani mediante l'ascesi e la preghiera. La Chiesa ortodossa fece propria la dottrina di Palamas e l'esicasmo si diffuse nei paesi slavi, in cui l'ortodossia si era diffusa. 

Un altro passaggio importante fu la pubblicazione a Venezia nel 1782 della Filocalia (in greco "amore per la bellezza"), una raccolta di testi di tutti i grandi esicasti, redatta dal monaco Nicodemo dell'Athos e dal vescovo Macario di Corinto. Questa antologia conobbe poi altre edizioni in slavone, russo e rumeno, dove spesso si toglievano alcuni scritti o se ne aggiungevano di nuovi. In ogni caso gli esicasti potevano contare su un'esaustiva guida per il loro percorso spirituale, il quale si articolava in tre tappe:

  1. Praxis (la pratica): con l'aiuto della Preghiera di Gesù il mistico cerca di spegnere quelle passioni negative come l'avidità, la superbia, la lussuria, l'ira, ma anche la paura, la tristezza, l'ossessione per la morte, la quale in parte spaventa ed in parte attrae.
  2. Theoria Physiche (la contemplazione della natura): l'esicasta comincia a riconoscere le energie divine nel mondo circostante, umano e naturale. Si potrebbe paragonare tale tappa allo stato in cui San Francesco, in Occidente, componeva il Cantico delle Creature, oppure alla leggenda dal sapore Zen in cui un monaco, osservando la neve che cadeva, "comprese la neve".
  3. Theoria vera e propria (contemplazione di Dio), : non è chiaro se l'esicasta raggiunga questo stato durante la vita terrena o dopo la morte. L'asceta è completamente travolto dalla visione beatifica di Dio. Da alcuni la Theoria è detta anche Theosis (divinizzazione), ma non tutti concordano se il termine vada preso alla lettera, con l'uomo che diventa Dio, o in senso metaforico, ossia l'uomo è semplicemente reso simile a Dio, poiché partecipe della Sua grazia.

L'esicasmo non è una conoscenza esoterica da tenere nascosta alla masse, ma è ugualmente un percorso ascetico che, forse non tutti sono in grado di seguire. Gli esicasti affiancano la Preghiera di Gesù con l'osservanza dei comandamenti, la partecipazione all'Eucarestia e agli altri sacramenti, la lettura delle Scritture, la penitenza, i digiuni, le vegli notturne e le opere di carità. Ad ogni modo, chiunque può provare a recitare la Preghiera di Gesù, cercando di regolarla sul proprio respiro e concentrando la mente solo su di essa, lasciando defluire tutti gli altri pensieri. Ciò conduce col tempo ad un senso di pace interiore e, magari, fare quell'esperienza di meditazione profonda, chiamata "preghiera del cuore".


Cos'è lo yoga?

Nella Bahagvad-Ghita, il divino Krishna dà alcune spiegazioni sullo yoga


Diciamo subito che lo yoga è qualcosa di molto più complesso di una semplice ginnastica. Non è nemmeno unicamente un metodo per rilassarsi. Queste sono banalizzazioni che ne abbiamo fatto noi occidentali, al punto che, in alcune multinazionali, si consiglia ai manager di praticare yoga (oppure Zen o Tai Chi) per essere più produttivi! Lo yoga, invece, è un insieme di pratiche fisiche e mentali derivato dall'induismo e poi ereditato da altre fedi nate nel Subcontinente indiano, tipo jainismo, sikhismo e buddismo. Il buddismo, che dà grande importanza alla meditazione, lo ha diffuso anche fuori dall'India, verso la Cina, la Corea, il Sud-Est asiatico e il Giappone

 La parola yoga viene dal sanscrito e in origine voleva dire "giogo" o "aggiogare". Per esempio, c'è un brano nei Rig-Veda, i più antichi testi indù, datati tra XX secolo e il XV secolo a.C., in cui si dice: "aggiogare sé stesso come un cavallo disposto ad obbedire". In testi successivi, le Upanishad, la parola assunse il significato di "unione". Per gli indù, lo scopo dello yoga e, più in generale, di tutta la vita è prendere il controllo del proprio corpo e della propria mente per raggiungere l'unione con il Divino, concepito come il Brahaman, il Sé universale, contrapposto all'Atman, l'io individuale. Tutte i moltissimi dei venerati dagli indù non sono che diverse manifestazioni del Brahaman. Pure il sikhismo, che a differenza dell'induismo è monoteista, considera Dio un'entità impersonale con il quale i singoli esseri vanno a fondersi. I Jaina credono invece che gli umani stessi divengano divini con l'ascesi e l'abnegazione, mentre i buddisti non danno peso alle divinità e cercano il Nirvana, uno stato al di là della gioia e del dolore. In ogni caso, per tutte queste religioni lo yoga serve ad uscire dal Samsara, il ciclo continuo di morti e rinascite per entrare nel Moksha, la liberazione.

In uno dei più importanti libri sacri dell'induismo, la Bahagavad-Gita, il dio Vishnu, assunto l'aspetto umano del cocchiere Krishna, spiega che esistono almeno quattro tipi di yoga:

  • Karma Yoga: la via dell'azione sacralizzata, l'agire disinteressato, compiendo il proprio dovere senza pensare alle conseguenze positive o negative che ciò possa avere. 
  • Jnana Yoga: la via della conoscenza spirituale, il cercare la verità metafisica dell'esistenza dietro le apparenze.
  • Bhakti Yoga: la via della devozione e dell'amore verso una divinità o anche solo verso un maestro spirituale.
  • Dhyana Yoga: generalmente viene intesa come via della "meditazione". In realtà il termine Dhyana in sanscrito si può tradurre anche come "contemplazione", esattamente lo stesso significato del greco Theoria. Si abbatte la divisione tra chi guarda e ciò che viene guardato, come nello Zen.
L'induismo, in aggiunta, riconosce molte altre vie per raggiungere l'unione con il Divino. Addirittura, ci sono stati maestri indù, quali Shri Ramakrishna e Vivekananda, che consideravano ogni religione una via valida. Oggi, forse, le cose sono cambiate con il diffondersi del movimento fondamentalista-nazionalista dell'Hindutva (indianità), il  quale si scaglia ferocemente contro cristiani e musulmani (ma il più famoso monumento dell'India, il Taj Mahal, è stato costruito da un re islamico).

Somiglianze e differenze

La sillaba "Om", usata come Mantra,  è divenuta il simbolo dell'induismo



Immediatamente scopriamo che una differenza tra lo yoga e l'esicasmo è nello scopo. Per un cristiano non ci sono altre vite terrene dopo la morte, ma solo la possibilità di un giudizio di salvezza o condanna. In più, Dio è considerato un essere personale, anzi un essere che si è incarnato in una persona umana, Gesù di Nazareth.

Nonostante ciò, ci sono somiglianze nella pratica: tanto gli yogi che gli esicasti ripetono continuamente una frase che li aiuta a concentrare la loro mente: per i primi è il Mantra, per i secondi la Preghiera di Gesù. Solo che, mentre il Mantra è considerato una frase sacra in sé stessa e, quindi, immodificabile (es. se è in sanscrito non può essere tradotta in altre lingue), la Preghiera di Gesù è sacra per il suo significato e, quindi, può essere abbreviata, allungata o modificata. Anche solo dire "Vieni, Signore" o "Signore, pietà" va bene lo stesso. Non importa neanche che si usi il latino, il greco, l'italiano o qualsiasi altra lingua.

Tuttavia, sia gli yogi, sia gli esicasti cercano di adeguare lo loro respirazione e persino il loro battito cardiaco alla recitazione delle loro invocazioni. Quindi, yoga ed esicasmo hanno in comune l'essere una pratica psico-fisica, ossia che unisce il corpo, la mente e lo spirito. Senza contare che le quattro vie esposte da Krishna nella Bahagavad-Ghita potrebbero essere sottoscritte anche dai praticanti dell'esicasmo.

Io non prendo posizione se sia meglio l'uno o l'altro. Ognuno deve scegliere sulla base della sua personalità e sul percorso che sta seguendo, semplicemente ho voluto fare alcune puntualizzazioni su queste due affascinanti scuole spirituali.

venerdì 4 giugno 2021

"La non-violenza, una storia fuori dal mito" di Domenico Losurdo



 Spesso si attribuisce alle persone credenti la colpa di avere una visione troppo idealizzata della realtà e della storia. Per evitare di cadere in questo errore consiglio a tutti di leggere il saggio La non-violenza, una storia fuori dal mito, scritto dal filosofo e storico Domenico Losurdo. Questi era un convinto marxista, quindi alcuni potrebbero non gradire le sue idee. In ogni caso, assicuro che l'analisi di quei movimenti che, negli ultimi due secoli, si sono rifatti al concetto di non-violenza, è molto rigoroso ed assennato.

Lo scopo del libro non è, come molti hanno creduto, denigrare pacifismo ed esaltare l'azione rivoluzionaria e/o guerresca. Anzi, l'autore inizia il suo saggio proprio dicendo che, in un mondo in cui esistono armi di sterminio di massa, è una necessità trovare un percorso alternativo alla guerra per risolvere le controversie tra le nazioni.

Losurdo mette in risalto che, spesso, anche le persone con i più alti ideali devono scontrarsi con la realtà e, magari, la scelta tra violenza e non-violenze non risulta così semplice ed immediata. Per esempio, quei protestanti quaccheri e mennoniti che, nell'Ottocento, condannavano come anti-evangelica tanto la schiavitù, quanto la guerra, poi si sono trovati a dover sostenere l'azione armata del Nord contro il Sud, quando è stato chiaro che quest'ultimo non avrebbe mai accettato l'abolizione dello schiavismo. Una situazione simile è avvenuta in Russia durante la Grande Guerra: si doveva scegliere se continuare un conflitto interminabile e sanguinosissimo agli ordine dello Zar o ribellarsi contro il sovrano.

Ci sono certi passaggi che scardinano luoghi comuni su personaggi, come Gandhi o il Dalai Lama. Il primo arrivò all'idea di resistenza passiva, come pure all'idea di uguaglianza tra tutti i popoli, solo dopo un lungo percorso, ed ha spesso simpatizzato con chi si opponeva come lui all'Inghilterra (Mussolini, il Giappone e Stalin); il secondo è un Premio Nobel per la Pace che, però, ha sostenuto guerre contro il Vietnam e il Laos in nome dell'anticomunismo. Nello studio di Losurdo, appaiono forse più coerenti Martin Luther King, Danilo Dolci e Aldo Capitini.  

Tuttavia, anche e soprattutto per chi vuole vivere in maniera nonviolenta, vale la pena fare conto con il proprio passato per agire giustamente nel presente. In fondo, anche la Chiesa cattolica, oggi, riconosce di aver sbagliato a combattere le Crociate e ad aver creato l'Inquisizione.



Christian Universalism - a profession of faith (English version)

All the following sentences are not dogmas or revelated Thruths, but only my personal opinions. God is neither male, nor female, but He/She ...