venerdì 3 settembre 2021

Meditazione e mistica. Come orientarsi?

Avevo già scritto un post tempo fa su quanto sia difficile definire cosa sia una religione, visto che persino la credenza in una o più divinità ed in una vita oltre la morte non sono elementi presenti in tutte quelle che noi oggi definiamo come religioni. Inoltre ognuna di esse tende a dividersi al suo interno in più confessioni, le quali, a volte ma non sempre, si combattono tra loro.

Un mandala tibetano

Calligrafia araba con il Nome di Allah


Tralasciando tutte questi dilemmi, nonché le polemiche da essi suscitati, possiamo ugualmente affermare che in tutte le Chiese cristiane ed in tutte le grandi religioni è presente una mistica, intesa come una ricerca dell'Assoluto. Certo, l'immagine che si dà a questo Assoluto cambia: per cristianesimo, Islam ed ebraismo si tratta della Comunione con un Dio personale. Per induismo e sikhismo (nonostante il primo sia politeistico ed il secondo monoteistico) l'unità ricercata è quella con una Divinità impersonale, quindi più che di Comunione, in cui ognuno rimane sé stesso, si deve parlare di Fusione, nella quale si perde la propria identità . I buddisti, invece, cercano l'Illuminazione, gli shintoisti giapponesi la Purificazione, ecc. Nonostante ciò, i mezzi, che i mistici di tutte le religioni usano nel loro cammino, appaiono incredibilmente simili.

Il Nome di Dio in ebraico (si legge alla rovescia)



Chiarisco subito che la via mistica non è un sistema per ottenere poteri magici o paranormali. Sebbene ammetto che eventi inspiegabili possano anche accadere, ma non sono essi il fine. Non è nemmeno così strettamente necessario separarsi dagli altri esseri umani, per condurre un'esistenza da asceti in mezzo al deserto o sul cucuzzolo di una montagna, anche se per alcuni individui possa essere questa la strada migliore da percorrere nella propria vita. Non serve nemmeno un rito di iniziazione, come credeva René Guénon, un pensatore per altri versi interessante, ma che aveva una sorta di ossessione per tutto ciò che era esoterico, ossia riservato a pochi. Caso mai può essere utile per un serio cannino spirituale trovarsi un maestre e/o fare parte di una comunità. In tal caso esistono comunità che hanno un'impostazione iniziatica ed accettano solo pochi membri selezionati (es. i cabalisti ebrei o i Sufi musulmani). In genere, però, la mistica è un cammino aperto a tutti, uomini e donne di qualunque ceto sociale, lingua, cultura, nazionalità ed orientamento sessuale, poiché non è nient'altro che la spiritualità già dimorante in ciascuno di noi. Il nostro compito è solo quello di coltivarla e farla crescere. 

A questo punto sorge spontanea una domanda: come coltivare la propria spiritualità? Uno dei testi più importanti dell'induismo, la Bhavagad-Gita, raccoglie un dialogo tra Krishna, un avatar del dio Vishnu, e il principe Arjuna. Il dio insegna a questi quattro percorsi che un uomo può seguire per raggiungere l'elevazione spirituale, pur precisando che ne esistono anche altri. Essi sono:

  • Karma Yoga: la via dell'azione sacralizzata, l'agire disinteressato, compiendo il proprio dovere senza pensare alle conseguenze positive o negative che ciò possa avere. Penso che la Chiesa cattolica, pur avendo molto colpe, abbia sfornato molti "mistici d'azione" che hanno seguito questa strada, per esempio Caterina da Siena, Brigida di Svezia, don Milani e Oscar Romero.
  • Jnana Yoga: la via della conoscenza spirituale, il cercare la verità metafisica dell'esistenza dietro le apparenze. Si tratta del percorso seguito da tutti i filosofi e i teologi: da Socrate a Tommaso d'Aquino, dal rabbino ebreo Maimonide agli islamici Ibn-Arabi e Sohravardi.
  • Bhakti Yoga: la via della devozione e dell'amore verso una divinità o anche solo verso un maestro spirituale. È forse la strada più percorsa dai fedeli di un po' tutte le religioni. 
  • Dhyana Yoga: generalmente viene intesa come via della "meditazione". In realtà il termine Dhyana in sanscrito si può tradurre anche come "contemplazione". Nella tradizione cristiana il termine "contemplazione" è molto più usato per intendere il calarsi nel proprio intimo, andando oltre tutti i concetti (apofatismo), mentre con "meditazione" si intende una riflessione ancora legata alla ragione e ai concetti (catafatismo).
San Mosé l'Etiope medita davanti un'icona


In questo post voglio concentrarmi soprattutto sul Dhyana Yoga o, come lo chiamo io, la via apofatica. Ci sono differenti metodi per raggiungere lo stato di contemplazione/meditazione. Ne elenco i principali:

  • concentrarsi su una parola o una frase. È la pratica del mantra, presente nelle religioni del Subcontinente indiano (induismo, buddismo, jainismo, sikhismo), ma ha un parallelo nella Preghiera di Gesù o esicasmo cristiano e nel Dhikr musulmano.
  • concentrarsi su un'immagine. L'esempio tipico sono i mandala buddisti, ma anche il culto dell'icona presente nelle Chiese ortodosse è molto simile. Tra gli ebrei e i musulmani c'è chi si concentra su una parola della Scrittura, sulla sua grafia in ebraico o in arabo (considerate lingue sacre di per sé stesse). In particolare molti rabbini cabalisti meditano sul Nome di Dio, il tetragramma JHWH.
  • concentrarsi su un'idea, non più quindi su un'immagine fisica ma su un'immagine mentale.
  • preghiera spontanea. Molto più difficile di quanto non si creda. Bisognerebbe riuscire a mantenersi sempre sullo stesso argomento o, per meglio dire su un solo gruppo di idee collegate fra loro. Io per primo ho difficoltà a praticare questo metodo.
  • immobilità mentale. È una tecnica molto elevata e difficile da raggiungere. L'esempio più significativo è lo Zen, una pratica buddista predicata in Cina dal monaco indiano Bodidharma, ma oggi diffusa soprattutto in Giappone, che prevede l'immobilità totale sia del corpo che del pensiero, sino ad arrivare ad uno stato chiamato Zazen.

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