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sabato 24 settembre 2022

Yoga, sufismo ed esicasmo: simili ma non uguali



In molti hanno provato a fare una sintesi di tutte le religione esistenti, alcuni in maniera quasi cialtronesca, come nel caso dell'occultista anglo-russa Madame Blavatsky, altri più coscienziosamente, come il mistico iraniano Baha'u'llah, fondatore della fede Baha'i. Io personalmente penso che non si possa trovare un accordo tra le diverse religioni e tradizioni spirituali sul piano dell'insegnamento dottrinario, bensì su quello delle pratiche mistiche, oltre che sulla morale. Per spiegare questo consentitemi di confrontare tre grandi scuole di spiritualità, cioè lo yoga, il sufismo e l'esicasmo.

Lo yoga nasce dell'induismo, una religione politeista in cui si venerano migliaia di dei, tuttavia gli indù ritengono che divinità, umani, animali, piante ed ogni altro essere non siano che tante espressioni del Sé universale, il Brahman. Il sufismo proviene dall'Islam, una fede monoteista assoluta con un Dio uno e unico. L'esicasmo dal cristianesimo - soprattutto ortodosso orientale - che è un po' un monoteismo "atipico", nel quale il Dio unico viene visto come la comunione fra tre persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Anche quello che si aspettano i seguaci di tali scuole è differente: gli indù cercando di ottenere la fusione del loro sé individuale con il Sé universale, in cui il primo scompare a favore del secondo; i cristiani parlano di Unio Mystica, unione mistica con Dio, o addirittura di Theosis, divinizzazione, intendendo con questo una comunione d'amore tra la creatura umana e il suo Creatore, senza però una vera fusione tra i due esseri; i Sufi hanno elaborato due concetti all'apparenza contraddittori, ossia il Fanah, l'estinzione del credente in Dio (che scompare come nell'induismo), e il Baqah, la sopravvivenza dello stesso in Dio (come nel cristianesimo). Le diverse confraternite Sufi tendono a dare più importanza all'uno o all'altro, oppure ad entrambi.

Nonostante ciò, il percorso mistico di uno yogi, di un sufi o di un esicasta appare simile nelle sue tappe. In primo luogo, tutti devono condurre uno stile di vita sobrio, cercando di controllare il proprio corpo e i propri istinti. Inoltre devono guardarsi bene dall'arrecare danno agli altri. Tutto questo è un cammino di purificazione che anticipa le pratiche mistiche vere e proprie. I maestri delle varie tradizioni sono concordi nell'affermare che, senza queste premesse, il cammino spirituale non porterà a nulla.



Seguono a questo punto degli esercizi psicofisici per unificare corpo, mente e spirito. Per esempio cercare di portare tutta la propria attenzione su una parola o una frase è una pratica comune. Fra gli yogi si chiama Mantra, tra i sufi Dhikr, tra gli esicasti Preghiera del Cuore o Preghiera di Gesù. Soprattutto i musulmani e cristiani ortodossi sembrano identificare in gran parte la loro spiritualità proprio con queste due pratiche, tuttavia la Preghiera di Gesù può venire tradotta in varie lingue o modificata a seconda delle esigenze del fedele, mentre Mantra e Dhikr devono restare sempre invariate, poiché considerate parole sacre in sé stesse. Specie del primo, spesso, si ritiene più importante il suono delle parole rispetto al loro significato.

Tutti conosciamo la sillaba "Om" (a volte scritta Aum), che per l'induismo è il suono primordiale, qualcuno avrà sentito pure il mantra che cita Krishna e Rama, due avatar del dio Vishnu: "Hare Krishna Hare Krishna/ Krishna Krishna Hare Hare/ Hare Rama Hare Rama/ Rama Rama Hare Hare".  Nel Dhikr viene usata la professione di fede islamica, "Là Ilaha Illà Allah" (Non c'è altro dio all'infuori di Dio), oppure versetti del Corano, o ancora semplicemente le parole Allah (Dio) e Hu (Lui). Nell'esicasmo si usa la preghiera apparsa sul Monte Athos durante il Medioevo, "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore", ma esiste anche quella più antica, risalente al primo monachesimo "Vieni, Signore in mio aiuto/Vieni presto in mio aiuto". In Occidente è utilizzata anche la frase in aramaico "Maranathà" (Vieni, Signore), divulgata dal benedettino irlandese, John Main, il quale, tuttavia, non era un esicasta ortodosso.

A questo punto si arriva ad una condizione di pace e silenzio interiore, quello che lo yoga chiama Samadhi, mentre i mistici cristiani e islamici usano tanti termini diversi. Per spiegare questa varietà di linguaggio bisogna tenere presente che, mentre in India si sono adeguati tutti alla terminologia usata nello Yoga Sutra, attribuito al saggio Patanjali e redatto forse tra il II secolo a.C. ed il V d.C., nei paesi cristiani e musulmani ogni mistico aveva un suo proprio vocabolario. 

Tornando al Samadhi, è possibile che in esso avvenga l'incontro con l'Assoluto, indipendentemente da qualunque modo lo si voglia chiamare, ma nessuno può forzare questo evento. Solo Dio può decidere di manifestarsi. Potremmo paragonarlo ad un incontro d'amore: io posso dare appuntamento alla donna o all'uomo che ama, però solo lei/lui può decidere se presentarsi o meno. In ogni caso il percorso spirituale è sempre utile. Parlando per esperienza personale, se anche non ho mai sperimentato una vera Unio Mystica, posso ugualmente dire di aver sviluppato un rapporto quotidiano con il Divino, che mi aiuta anche a migliorare le mie relazioni con me stesso, con gli altri e con la natura. Come insegna San Giovanni Climaco: "Non tutti possono arrivare ai più alti gradi del cammino spirituale, ma tutti possono essere riconciliati con Dio".



martedì 6 settembre 2022

Domande frequenti sulla mistica



Cos'è la mistica?

Difficile rispondere a questa domanda. Sono state formulate mille definizioni della parola "mistica", ma la più convincente, almeno secondo me, è "la disciplina che mira ad un contatto diretto con il Trascendente".

La mistica e la religione sono la stessa cosa?

Se mi permettete la battuta, la mistica è un po' la religione 2.0, deriva dalla religione, ma ne supera i confini. In genere i mistici sono coloro che non si accontentano di una adesione solo formale a concetti, riti e norme di comportamento. Sono coloro che vanno più a fondo, in alcuni casi intraprendendo una vita di tipo ascetico, altri elebarando pratiche di meditazione.

Come è nata la mistica?

Esiste una teoria molto diffusa fra gli studiosi, in cui si ritiene che, in un primo momento, l'umanità ha considerato tutto l'universo come qualcosa di sacro e divino, poi, con la nascita delle religioni organizzate è avvenuta una scissione: il Creatore è divenuto qualcosa di "altro" rispetto alla creazione. La mistica sarebbe un terzo passaggio, in cui si cerca di ricostruire l'unità perduta Creatore-creature. Io, tuttavia, mi permetto di suggerire un'altra interpretazione: le prime divinità venerate dagli esseri umani erano tutt'altro che buone o sagge. Nei più antichi Vedi (i testi sacri indù) si legge che Indra, il dio del tuono, non faceva che combattere ed ubriacarsi  fino a non potersi più reggere in piedi. Nella mitologia greca Zeus tradiva continuamente la moglie Hera, inoltre per diventare signore dell'Olimpo aveva ucciso suo padre Cronos. Anche il Dio ebraico ordinava al suo popolo guerre e stragi con ben poca misericordia per i nemici. Questa è "l'infanzia della religione", poi è arrivata "l'adolescenza", in cui si è cominciato a credere in un Dio che rappresenta la morale, poteva essere un Dio unico, come quello degli ebrei, o semplicemente una divinità più potente di tutte le altre. Solo che tutti ci rendiamo conto che non sempre i casi della vita sono governati dalla morale. Non c'è essere umano che non si sia mai chiesto perché un Dio buono permette tante cose malvage. A questo punto l'umanità è entrata nella sua fase adulta: qualcuna ha rigettato in blocco la religione, divenendo ateo, qualcun altro ha cominciato a cercare il Divino non più nel mondo esterno bensì in quello interiore. Questi ultimi sono i mistici.

I mistici sono sempre anarchici, in contrasti con la religione "ufficiale"?

Non è sempre così. Certo, restando da noi in Occidente, abbiamo avuto i casi di Margherita Poreto e Giordano Bruno che sono finiti vittime dell'Inquisizione. D'altra parte dobbiamo anche notare la stima che, per esempio, i papi cattolici hanno avuto nei confronti di mistici, quali Francesco d'Assisi, Domenico di Guzman e Caterina da Siena, e soprattutto quest'ultima era una donna ribelle che non si faceva problemi ad usare un linguaggio duro con lo stesso pontefice

La mistica è qualcosa di esoterico, riservato a pochi iniziati?

Anche in questo caso non è sempre così, dipende dalle diverse scuole mistiche di cui stiamo parlando. Di sicuro la Qabbalah ebraica è forse la scuola più esoterica. Per secoli è rimasta chiusa in ristretti circoli di rabbini, i quali si impegnavano a non divulgarne i segreti. Solo il movimento chassidico (o hasidico), nato nell'Europa dell'Est nel '700, ha cercato di rendere alcuni aspetti della Qabbalah alla portata della gente comune. L'estremo opposto è forse la contemplazione cristiana: l'unica iniziazione richiesta è il battesimo e, anche se è stata coltivata soprattutto nei monasteri, non si è mai impedito ai laici di praticarla.

Per intraprendere un cammino mistico è necessario credere in una o più divinità?

Se da un lato tutte le tradizioni spirituali credono l'esistenza di qualcosa del Trascendente, di un "altro" rispetto alle nostre percezioni sensoriali, dall'altro lato non tutte lo descrivono nello stesso modo. Diciamo che in Europa e nel Mediterraneo si tende a vedere il Divino come un "qualcuno", nelle culture dell'Estremo Oriente lo si percepisce più come un "qualcosa". L'India è quasi una via di mezzo tra queste due concezioni: all'interno dell'induismo esistono sia scuole di pensiero teiste, che credono in una Divinità personale, come avviene in Occidente, sia altre non teiste che credono in un Divino impersonale.

E' vero che i mistici sviluppano poteri paranormali?

Ci sono testimonianze, non si sa fino a che punto attendibili, su mistici capaci di compiere guarigioni miracolose, di leggere nel pensiero, levitare, predire eventi futuri e molto altro, tuttavia i maestri spirituali cono concordi nell'affermare che questi sono come degli "effetti collaterali". Lo scopo che si prefigge un mistico non è quello di diventare una sorta di supereroe e chi si accosta alla spiritualità in cerca del miracoloso o dell'eccezione rischia facilmente di perdersi.

Qual è allora lo scopo del cammino spirituale?

Ogni essere umano ha quattro dimensioni: il rapporto con sé stesso, con gli altri, con la natura e con il Trascendente. L'intraprendere un percorso mistico, qualunque esso sia, intende creare un giusto equilibrio fra tutti questi rapporti e trasformarli in una comunione universale. Dio, l'umanità e il mondo ci appaiono come compartimenti stagni, ma possiamo scoprire che sono in realtà vasi comunicanti in contatto l'uno con l'altro.

sabato 22 gennaio 2022

La pratica della meditazione (2) alcuni errori da evitare


 


Tutti cadiamo in alcuni errori di approccio alla meditazione. Eccone alcuni dei principali:

  •  Per esempio, specie se si parla di yoga o tai chi, molti credono che siano solo una forma di ginnastica per restare in forma. In tal caso, con tutti gli sport che ci sono, sarebbe quasi superfluo meditare.
  • Altri si aspettano di aver trovato una sorta di "abracadabra" che fa sparire i problemi. In realtà, i problemi non spariscono, ma, meditando, si può cambiare il nostro modo di vederli e, magari, riuscire a risolverli.
  • Altri ancora vanno in cerca del miracoloso, di sensazioni o visioni entusiasmanti. I maestri, invece, insegnano che, raggiunto un certo grado di ascesi, si può sì avere la percezione di luci, colori, immagini o persino odori fuori dall'ordinario, però non bisogna soffermarsi su queste esperienze, altrimenti si finirebbe col perdere la concentrazione necessaria al proprio percorso.
  • Specie quando si è all'inizio (anche io ci sono passato), si tende a passare da un percorso all'altro: magari prima lo yoga, poi lo zen, poi ancora il sufismo o l'esicasmo, ecc. In pratica siamo come un telespettatore che fa zapping senza vedere nessun programma per intero. Una volta trovato il proprio percorso, bisogna restargli fedele, come quando ci si sposa o si va a convivere con la persona amata, non la si abbandona da un giorno all'altro per una più bella.
  • A volte ci si lascia prendere da una specie di "narcisismo spirituale", per cui si pensa di essere già dei santi, degli illuminati, quando stiamo ancora muovendo i primi passi. Peggio ancora, si concepisce la mistica come qualcosa di staccato dalla morale: "basta che io mi senta bene dentro di me, non importa ciò che faccio agli altri" ci si ripete. Al contrario, i maestri spirituali ci insegnano che il primo passo verso la crescita interiori, precedente a qualunque pratica, sta nel condurre una vita retta.
  • Inoltre, si può ridurre il percorso mistico ad una semplice conoscenza intellettuale. Anche questo è un errore, in cui io cado spesso. Swami Vivekananda, lo yogi indiano, spiegava esiste una differenza tra lo studioso e il mistico: il primo entra in un frutteto e comincia a contarne quanti rami ha ogni albero, e quante foglie o frutti ci sono su ogni ramo. Il mistico, invece, è colui che raccoglie i frutti e li mangia. Lo studioso ha solo una conoscenza indiretta della cose, il mistico le sperimenta su sé stesso, cercando di "gustare" letteralmente il sapore del Divino.
  • Si pensa che la pace interiore o qualsiasi altro traguardo dipenda esclusivamente dalla nostra volontà. In pratica ci si fa violenza da soli per abolire tutti i pensieri, i sentimenti, gli impulsi che potrebbero sviarci, eppure si resta sempre frustrati, perché la meta non arriva. Invece, la percezione del Divino è un dono, non la si può costruire. La meditazione serve più che altro a prepararci ad accoglierla. Fintanto che non arriva, bisogna restare in attesa con pazienza e perseveranza
  • L'errore più insidioso di tutti: affidarsi ad un falso maestro. Molti oggi si presentano come yogi, sufi, padri spirituali, insegnanti di meditazione o simili senza esserlo veramente. Non sempre è facile riconoscerli e, purtroppo, il rapporto che si instaura con un maestro è simile ad una relazione affettiva: persino se si rivela fallimentare, è difficile staccarsene. Pensate ad un donna che ha un marito ubriacone e manesco, magari è talmente innamorata di lui che, non solo non lo lascia, ma fabbrica con sé e gli altri ogni menzogna possibile per giustificarlo. Forse una prima distinzione è che un vero maestro non pretende ricompense né economiche, né di altro tipo, come Socrate che donava gratis i suoi insegnamenti e criticava gli altri filosofi, i quali, invece, chiedevano un pagamento ai discepoli. Un'ulteriore cernita sta nel fatto che un buon maestro non cerca di tenere legati a sé gli allievi: qualora uno di questi voglia lasciarlo, non lo costringe a restare. Inoltre i veri mistici hanno grande umiltà, non si vantano dei propri meriti, non si autoincensano e, soprattutto, non cercano di imporre le proprie decisioni o le proprie idee con la forza.
Un ultimo appunto, forse più importante degli altri. Se soffrite di disturbi fisici e/o psicologici, prima di darvi alla meditazione, consultate un medico o uno psichiatra, altrimenti non solo rischiate di non avere nessun beneficio, ma di farvi ulteriormente del male. La meditazione è aperta a tutti, però richiede salute fisica e mentale per poterla praticare correttamente.

martedì 30 novembre 2021

Cosa unisce le differenti tradizioni spirituali?

René Guénon


Olivier Clément

Anch'io, come molti altri, quando ho iniziato ad interessarmi di spiritualità, sono venuto a contatto con il pensiero di René Guénon (1886-1951), filosofo metafisico francese. Secondo quest'ultimo dietro a tutte le grandi correnti spirituali che hanno attraversato la storia umana si nasconde un'unica grande verità esoterica, la "tradizione primordiale", di cui le diverse religioni sono solo la versione "essoterica" per il volgo.  Si tratta di una teoria affascinante, ma che non ha alcun fondamento storico: è frutto casomai di un certo occultismo ottocentesco. Per esempio Madame Blavatski e la Società Teosofica da lei fondata (odiatissima da Guénon che la considerava una pseudo-religione), più o meno, sostenevano le stesse cose. Certo, può essere valido come mito, e i miti sono sempre "veri", ma la loro verità è di un livello differente rispetto a quella della vita di tutti i giorni.

Va detto comunque che Guénon possiede il merito personale di aver cercato di mettere in pratica le sue teorie: voleva seguire una religione tradizionale e si fece musulmano, cambiando nome in Abd al-Wahid Yahya e trasferendosi in Nord Africa; voleva ricevere un rito di iniziazione, lo trovò aderendo ad una confraternita Sufi. D'altro lato, Guénon non accettava quell'insieme di cose che noi chiamiamo genericamente "modernità" (scienza, psicanalisi, socialismo, femminismo, eccetera). Per lui solo la tradizione è buona, più ci si allontana da essa, più si decade. Forse non è un caso se certi suoi seguaci, come l'italiano Julius Evola e il rumeno Mircea Eliade, in seguito, aderirono al fascismo.

Penso di aver trovato solo in seguito un maestro più aperto alla modernità in un altro pensatore francese, il teologo e storico Olivier Clément (1921 - 2009). Anche Clément era un ricercatore spirituale che ha voluto aderire ad una grande tradizione religiosa (nel suo caso la Chiesa Cristiana Ortodossa), ma allo stesso tempo non si è mai opposto in blocco alla modernità: sulla scia di quello che considerva il suo maestro, il filosofo russo Nikolaj Berdjaev, diceva che bisognava integrare i tre "maestri del sospetto", cioè Marx, Freud e Nietsche, in un cristianesimo rinnovato. Per lo meno ciò che c'è di positivo nel loro pensiero, lasciando a parte certi eccessi che ci porterebbero, per esempio, portare a rinnegare la spiritualità.

Sempre Clément insegnava che non bisogna cercare un nucleo comune a tutte le religioni e filosofie in qualche conoscenza segreta. Anzi, se noi analizziamo la dottrina delle varie fede, ci accorgiamo che, laddove ci sono somiglianze, ci sono anche molte differenze: cristiani, ebrei, musulmani e Sikh credono in un Dio unico, mentre indù e shintoisti giapponesi in tante Divinità. Addirittura buddisti e confuciani ritengono che la fede in uno o più Dei non sia indispensabile per il cammino interiore. Forse, però, la vera differenza è che per alcuni il Divino è una persona (soprattutto il cristianesimo predica un Dio incarnato), per altri un'entità impersonale (in questo i Sikh si differenziano dagli altri monoteisti e si avvicinano invece a indù  e buddisti). In compenso, per usare le parole dell'autore che stiamo trattando, "Vi sono gesti e atmosfere religiose che sono un po' ovunque gli stessi. I monasteri del Monte Athos, per la loro architettura, somigliano a quelli del Tibet, il ritualismo russo a quello dell'India; l'incenso, le campane, le luci si diffondono, si spargono, si rispondono e si ritrovano dal Messico a Bali. A Lourdes si trova la grotta delle religioni arcaiche e gli indù esiliati in Francia vi si recano volentieri".

Per il teologo francese dobbiamo cercare "non al di sopra delle diverse religioni, una sorta di unità trascendente degli esoterismi, ma piuttosto al di sotto, quasi uno zoccolo comune. Al primo posto sta l'ascesi, soprattutto monastica. Simili sono i metodi per liberarsi dalle passioni, per chiarire i pensieri, per strutturare la memoria della morte e del divino, per ottenere il sopimento dei sensi e il risveglio del cuore, per giungere ad una conoscenza diversa, inseparabile da una vibrazione di tutto l'essere nel tentativo di unificarlo". Esistono veramente comunità esoteriche riservate a pochi iniziati, come nel sufismo islamico e nella Qabbalah ebraica, ma in genere il vero problema dei mistici non è il dover mantenere la segretezza, bensì il fatto che le loro esperienze sono difficili da comunicare ad altri. Se si leggono i loro scritti, si trovano spesso termini opposti associati insieme, addirittura identificati fra loro, ad esempio "luce/oscurità", "gioia/dolore", "tutto/nulla". Questa è la via apofatica, non concettuale, che i monaci e i mistici di tutte le religioni e filosofie cerano di percorrere.

NB tutte le frasi di Clément sono prese dall'intervista rilasciata a Jean-Claude Noyer e pubblicata nel volume Memorie di Speranza, edito da Jaca Book.

domenica 22 agosto 2021

Islamici ecumenici

Vista la tragica situazione in Afghanistan, ho deciso di dedicare un post a quelle personalità del mondo islamico che si sono dedicate al dialogo fra la religioni. Spesso si parla di Islam "moderato" (termine che i musulmani non amano), contrapposto al fondamentalismo terroristico, però non si fanno mai nomi precisi dei suoi esponenti. Ho voluto quindi scrivere delle brevi biografie di cinque uomini che si sono spesi attivamente per l'ecumenismo, oltre che per l'incontro tra modernità e tradizione. Si tratta di tre sunniti e due sciiti, due italiani, due iraniani ed un arabo, tanto a dimostrare quanto certe istanzi siano trasversali a tutto l'universo musulmano.

ABD AL-WAHID PALLAVICINI (1926-2017)

Lo Shaykh Pallavicini

Lo Shayk in compagnia di un prete cattolico ed un rabbino ebreo


Nato Felice Pallavicini, si è convertito  all'Islam (o come diceva lui stesso "ricollocato nell'Islam") nel 1951, sotto l'influsso del filosofo francese René Guénon. Proprio come Guénon, anche Pallavicini entra in una confraternita Sufi, la Tariqah Shadhiliyyah, della quel diventerà anche Shaykh (letteralmente "anziano", ma il senso è quello di "maestro"), quindi fonderà a Milano la COREIS (Comunità Religiosa Islamica). Inoltre, sposa una donna giapponese buddista, anche lei divenuta musulmana, dalla quale avrà il figlio Yahya Sergio Pallavicini. Si è sempre prodigato per il dialogo inter-religioso, partecipando anche agli incontri di Assisi, organizzati dai papi cattolici. Metteva sempre in risalto che in tutte le religioni abramitiche è presente un'attesa escatologica non per la fine della storia, bensì per il suo fine, la Rivelazione divina definitiva, oltre che un culto per il Nome stesso di Dio, ripetuto e contemplato infinitamente. In più, faceva propria l'espressione del Dalai Lama che definiva l'ecumenismo un "dialogo fra ortodossie", condannando quindi certe forme moderne di sincretismo o di relativismo. Lamentò pure il troppo spazio che gli occidentali danno tutt'oggi al movimento, in realtà fondamentalista, dei Fratelli Musulmani.


GABRIELE MANDEL (1924-2010)

Il Khalifa Gabriele Mandel Khan


Di famiglia cosmopolita, suo padre era di origini turco-afgane, invece la madre era un'italiana ebrea. Come faceva notare, però, anche il cognome paterno (in realtà Hatimandel Khan), una volta abbreviato in Mandel, suonava tipicamente ebraico. In ogni caso, Gabriele Mandel è stato un musulmano, shaykh nella Tariqah Naqshabandi, la più diffusa confraternita contemplativa islamica, e Khalifa (vicario) della confraternita Jerrahi-Halveti. Plurilaureato, dopo un'esperienza come archeologo in Giordania, stroncata dalla Guerra dei Sei Giorni, si era poi dedicato alla professione di psicoterapeuta. In essa cercava di far confluire le sue conoscenze della mistica islamica con quelle della psicologia occidentale. Per esempio, riporto qui alcune sue parole sul tema della felicità: "La felicità, [...] essendo un fatto episodico determinato da una circostanza esterna all’individuo, è un sentimento positivo transitorio. Di ben altra importanza, invece, e ben più desiderabile, è la serenità, determinata da una evoluzione dell’essere e dal raggiungimento di una consapevolezza globale, pertanto avvertita dalla 'personalità'. Quindi vivo le varie 'felicità' come circostanze transitorie, ma tendo alla serenità, il cui stato, una volta raggiunto, è eterno". Grande pure il suo impegno nel far conoscere in Italia la cultura, l'arte, la musica e la spiritualità musulmane, spesso intrattenendosi con personalità, quali il cantautore Franco Battiato.

MUSA AL-SADR (1928-1978?)

Musa al-Sadr


Iraniano, trapiantato in Libano, dove ha fondato il partito politico Hamal (in italiano "Speranza"), è poi scomparso misteriosamente in Libia, dove si era recato per un viaggio diplomatico. Della sua sparizione viene in genere accusato il colonnello Muammar Gheddafi, ma io non voglio intromettermi qui in diatribe politiche. L'importanza dell'Imam al-Sadr è stata quella di essere stato il primo sciita a recarsi in visita ad una chiesa cristiana nel giorno di Pasqua e di aver favorito il dialogo sia tra le religioni monoteistiche, sia tra le diverse confessioni in cui si divide l'Islam: non a caso, fu lui ad emettere una Fatwa (sentenza giuridica) in cui si riconosceva anche gli alawiti, una minoranza religiosa della Siria e del Libano, come autentici musulmani sciiti. Sempre nella stessa fatwa si diceva disponibile a dialogare anche con gli aleviti turchi, un'altra minoranza che, al di là delle apparenze, ha in comune con gli alawiti solo il nome derivato dall'Imam Alì, il cugino del Profeta Muhammad e marito della figlia di questi, Fatima. In molti suoi scritti e discorso ha messo in risalto l'importanza della libertà e della giustizia sociale nella fede islamica, spesso facendo riferimento anche a filosofi occidentali, quali Carlo Marx e Jean-Paul Sartre. Insegnava infatti che "Le religioni sono al servizio dell'essere umano" e non il contrario.

AHMAD BADREDDIN HASSOUN (1949)

Badreddin Hassoun con il patriarca melchita Gregorio III

Badreddin Hassoun con il Patriarca Siro-Ortodosso Ignazio Efrem II


Imam sunnita e Sufi nella confraternita Naqshabandi, nel 2005, alla morte del suo maestro e confratello, Ahmed Kuftaro, gli è succeduto come Gran Muftì della Repubblica Araba Siriana. Il Gran Muftì è l'unico giurista coranico del paese ad essere autorizzato ad emettere delle Fatwa. Per il suo appoggio al presidente siriano Bashar al-Assad, Hassoun è stato molto vilipeso dai media europei e nordamericani. In realtà, la suo posizione è dovuta al fatto che quello di Assad è ormai fra i pochi governi laici e multiconfessionali presenti nel Vicino Oriente. Il Gran Muftì, non a caso, ha sempre collaborato con le altre comunità religiose presenti in Siria, sia quelle musulmane (sciiti, alawiti, drusi), sia quelle cristiane (cattolici romani, greco-ortodossi, siro-ortodossi, armeni), al punto da affermare: "Io sono il Gran Muftì di tutti, sunniti, sciiti, cristiani, atei e comunisti". Per questo motivo uno dei suoi figli, Sariah, è stato ucciso dai terroristi dell'ISIS, ma Hassoun è stato disposto a perdonarne gli assassini e ad intercedere per loro presso la magistratura. Il suo pensiero riguardo all'importanza della laicità dello Stato è espresso in queste sue parole: "Né Cristo, né Maometto, né Mosè hanno fondato degli Stati, ma hanno forgiato degli uomini; e gli uomini, facendo leva sulla virtù e sulla morale, costituiscono lo Stato. Perciò lo Stato è un'opera umana, mentre la religione è un'opera di Dio. La differenza tra le due realtà sta anche nel fatto che, mentre nello Stato c'è un sistema di leggi a cui tutti devono obbedire, ciascuno è giudicato secondo le sue azioni e non secondo le sue intenzioni. Invece la religione è fede, morale e virtù basate sull'amore e sulla libertà di scelta". 

MOHAMMAD ALI SHOMALI (1965)

Mohammad Alì Shomali


Originario dell'Iran, ha studiato a Qom, la principale sede di studi per i religiosi sciiti, e all'Università di Teheran. Ha poi ottenuto un dottorato dall'Università di Manchester. Viaggiando in Gran Bretagna e Stati Uniti, nonché vari paesi europei ed asiatici, si è impegnato nel dialogo tra l'Islam, il protestantesimo e il cattolicesimo romano, scrivendo e curando diversi volumi a riguardo. Ha anche avuto una lunga amicizia con il defunto abate cattolico Timothy Wright con il quale ha anche condiviso nel 2017 il premio Miglior Libro dell'Anno, assegnato dalla Repubblica Islamica Iraniana.

Christian Universalism - a profession of faith (English version)

All the following sentences are not dogmas or revelated Thruths, but only my personal opinions. God is neither male, nor female, but He/She ...