Visualizzazione post con etichetta confucianesimo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta confucianesimo. Mostra tutti i post

sabato 29 ottobre 2022

Universalismo cristiano - una professione di fede

Questo non è Buddha, ma Gesù ritratto da un'artista cinese.


Fino ad ora ho cercato di non esporre pubblicamente la mia visione  del mondo, perché non verrei creare l'ennesimo "sistema di pensiero", un'ideologia se preferite. In genere la vita è talmente mutevole e complessa da rompere tutti i sistemi in cui cerchiamo di imbrigliarla. Per giunta quando due persone che seguono due ideologie contrarie si incontrano, finisce per scoppiare una guerra, seppure non sempre combattuta con le armi.
Mi veniva però sempre più difficile parlare di spiritualità in astratto, senza una vera e propria visione d'insieme. Ho deciso quindi di spiegare la mia fede in dodici punti, specificando però che si tratta solo di opinioni personali e non di dogmi.

  1. Gesù di Nazareth non è solo uno fra i tanti maestri, me è Dio incarnato.
  2.  Allo stesso tempo esistono anche i santi e le sante sia all'interno delle comunità cristiane organizzate (Macario l'Egiziano, Isacco il Siro, Francesco d'Assisi, Caterina da Siena, Teresa d'Avila, ecc.) sia al di fuori di esse (es. Confucio, Buddha, il profeta Maometto, il rabbino Maimonide, il guru Nanak Dev e tanti altri).
  3. Ma chi è un santo? E' colui che accoglie in sé lo Spirito Santo. 
  4. E chi o cosa è lo Spirito Santo? E' quella parte di Dio che Egli dona a noi, suoi figli, già in questa vita. Tutti possiamo essere santificati e, in un certo senso, "divinizzati" dallo Spirito, come è avvenuto ai grandi maestri spirituali, se siamo disposti ad accettarLo in noi.
  5. I santi, a differenza di Gesù, non sono infallibili. Bisogna prendere con il beneficio del dubbio molte cose che dicono e fanno, sebbene in genere mettersi sulle loro orme sia sempre positivo.
  6. Tutte le grandi religioni e tradizioni spirituali possono condurre a Dio, ma nessuna possiede tutta la Verità su di Lui, poiché la Sua natura più intima non può essere ingabbiata in idee e concetti umani.
  7. Nessuno deve essere forzato a seguire una certa religione o un certo cammino piuttosto che un altro, poiché "le vie del Signore sono infinite" e forse quello che è bene per una persona può essere male per un'altra.
  8. La Bibbia, il Corano, i Veda, l'Adi Granth e qualunque altro testo sacro possono essere d'ispirazione per il cammino spirituale, a due condizioni: a) che li si legga in rapporto alla cultura dell'epoca storica e della regione geografica in cui sono stati scritti; b) che non ci si fermi al senso letterale, come fanno i fondamentalisti, ma se ne cerchi i significato profondo. 
  9.  Si deve sempre distinguere tra tradizione e tradizionalismo. La tradizione è qualcosa di più mutevole di quanto non si creda, infatti ogni religione e filosofia conosce una sua propria evoluzione. Per questo motivo è sbagliato rifiutare a priori ogni possibile riforma o cambiamento.
  10. Non si deve demonizzare né il nostro corpo né il mondo materiale. Essi sono doni di Dio, che possono condurci ad una comunione con Lui, a patto che li trattiamo con rispetto, senza abusarne.
  11. La partecipazione ai riti, lo studio della teologia, l'ascesi e la meditazione sono tutti importanti, purché siano accompagnati dalla misericordia verso il prossimo. Senza compassione nessuno può incontrare Dio.
  12. Non serve più al giorno d'oggi fondare nuove religioni o nuove Chiese cristiane, caso mai bisognerebbe costruire nuove comunità, poiché l'essere umano moderno, specialmente in Occidente, è malato di individualismo.




martedì 11 ottobre 2022

Meditazione focalizzata teistica (1): Introduzione




Chiedo scusa a tutti se non sono un sacerdote né un monaco, un rabbino o un imam.  Vi prego quindi umilmente di prendere le cose che scrivo con il beneficio del dubbio: non sono dogmi o rivelazioni avute da esseri soprannaturali, ma sole mie opinioni personali e, quindi, assolutamente contestabili.
Sono cristiano, ma riconosco un'ispirazione divina in tutte le religioni, per cui accetto di mettere da parte la mia visione del mondo per rivolgermi ai seguaci di qualunque fede, nonché agli atei e agli agnostici.
Come ho più volte spiegato, non credo sia possibile una sintesi fra tutte le religioni a livello dottrinario. Le visione teologiche e filosofiche troppo diverse: addirittura non in tutte le religioni si parla di "Dio" o di "anima", per lo meno non come li intendiamo noi in Occidente. Tuttavia su due elementi si può trovare delle similitudini, cioè la morale e la spiritualità.
Riguardo alla morale, se anche tra le varie tradizioni spirituali ci sono differenze su argomenti come l'alimentazione e la sessualità, d'altro canto esistono regole fondamentali che tutti accettano. Soprattutto ricorre la cosiddetta "Regola d'Oro": "Non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te". Il primo ad esprimerla sembra sia stato il dotto cinese Confucio, mentre Gesù Cristo sarebbe l'unico a porla in positivo ("fa' agli altri quello che vorresti gli altri facessero a te").
Passando alla spiritualità, voglio prima precisare il significato di questo termine. Io concepisco la spiritualità come un lavorare sul proprio mondo interiore, e proprio per questo mi sembra un qualcosa di strettamente collegato all'etica, che invece regola i nostri rapporti con gli altri ed il mondo circostante. Scavando nel nostro sé possiamo arrivare al Trascendente, quello che comunemente noi occidentali chiamiamo Dio.
Qualcuno obbietterà che Dio è irraggiungibile, quindi è inutile cercare di costruire una relazione con Lui, altri che, in fondo, se il Divino è già dentro di noi, non serve nemmeno cercarLo. Entrambe le affermazioni sono incomplete. l'Assoluto, essendo infinito ed eterno, è impossibile da comprendere dalle menti di noi esseri umani, limitati nello spazio e nel tempo, però può essere, per così dire, "percepito" andando oltre i concetti astratti e i ragionamenti che continuamente facciamo su di Lui. Chi afferma che l'umanità e il Trascendente non si incontrino mai, in genere, è semplicemente qualcuno che non ha mai avuto occasione di fare esperienze della vicinanza di Dio.
Riguardo alla presenza del Divino in noi, io ne sono convintissimo, ma temo che non sia così facile entrare in contatto con Lui: siamo troppo distratti dalle mille impellenze della vita quotidiana, come pure dai nostri desideri, dalle nostre paure e immaginazioni per poter badare a Dio. Per giunta è sempre presente il rischio di fraintendere le vere ispirazioni divine dalle costruzioni del nostro inconscio.







Mi permetto di esporre un percorso spirituale, che io per primo sto cercando tra mille difficoltà di seguire: la meditazione focalizzata teistica, che per comodità abbrevio come MFT. Spieghiamo passa per passo, il significato di queste tre parole.
Il termine "meditazione" è stato usato per tradurre termini sanscriti come Dhyana e Bhavana. In realtà, il senso non è tanto quello di riflettere o ragionare su qualcosa, quanto piuttosto praticare uno o più esercizi psicofisici destinati ad aiutare la crescita spirituale. Fino a tempi recenti nella tradizione cristiana, la parola più usata per questo era "contemplazione".
La meditazione può essere di due tipi:
  • Attenzione focalizzata: ci si concentra un singolo oggetto, che può essere una parola, un'immagina, un testo scritto, una parte del corpo, una persona o altro. il Dhikr musulmano, la preghiera di Gesù e la lectio divina cristiane, la meditazione yogica classica e la Kabbalah meditativa ebraica rientrano tutte in questa categoria.
  • Attenzione aperta: si cerca di osserva tutto ciò che accade in noi e attorno a noi, senza attaccarsi a nulla, ma lasciandolo scorrere. Pratiche di origine buddista, come Vipassana, Mindfulness e meditazione panoramica tibetana, fanno parte di quest'altro raggruppamento.
Un'altra distinzione può essere compiuta sulla base dell'impostazione mentale di colui che medita( il meditante):
  • meditazione teistica: qualora il suo intento è l'incontro/unione con una divinità concepita come una persona.
  • meditazione a-teistica: se il suo scopo è invece raggiungere un Divino impersonale.
Facciamo attenzione che per "a-teistica" non si intende una pratica "atea": semplicemente questo tipo di meditazione proviene da tradizioni spirituali, come buddismo, taoismo e confucianesimo, non considerano indispensabile da venerazione di uno o più dei per la realizzazione spirituale, nonostante alcune frange di queste scuole di pensiero ammetano il culto per i loro fondatori (rispettivamente Buddha, Confucio e Lao-Tse) e per altri personaggi eminenti.
L'idea di un Dio-persona, tuttavia, rimane più tipica delle tre religioni di Abramo (ebraismo, cristianesimo e Islam), del sikhismo (un altro monoteismo ma non derivato da Abramo), dello shintoismo giapponese e di gran parte dell'induismo, come pure degli antichi culti di greci, romani, egizi, eccetera. La maggior parte delle religioni è quindi teista.
In questo saggio esamineremo un tipo di meditazione teistica focalizzata, non perché sia migliore della altre, bensì per il semplice motivo che è quella che io pratico. Non sarei in grado di parlare di Vipassana o di Zazen, visto che non mi ci sono mai accostato. Nei capitoli successivi prenderò in esame alcuni forme di MFT riprese da induismo, ebraismo, cristianesimo e Islam, quindi trarrò alcune conclusioni.

NB quelli che io propongo sono solo alcuni dei tanti metodi di meditazione possibili, quindi potranno non essere adatte a chiunque. In fondo non mangiamo tutti le stesse cose, non svolgiamo tutti lo stesso lavoro e, per fortuna, non ci innamoriamo tutti dello stesso uomo o della stessa donna. Perché non dovrebbero esserci diverse vie per raggiungere l'Assoluto, ciascuna più adatta a determinate persone piuttosto che ad altre?

CONTINUA



martedì 6 settembre 2022

Domande frequenti sulla mistica



Cos'è la mistica?

Difficile rispondere a questa domanda. Sono state formulate mille definizioni della parola "mistica", ma la più convincente, almeno secondo me, è "la disciplina che mira ad un contatto diretto con il Trascendente".

La mistica e la religione sono la stessa cosa?

Se mi permettete la battuta, la mistica è un po' la religione 2.0, deriva dalla religione, ma ne supera i confini. In genere i mistici sono coloro che non si accontentano di una adesione solo formale a concetti, riti e norme di comportamento. Sono coloro che vanno più a fondo, in alcuni casi intraprendendo una vita di tipo ascetico, altri elebarando pratiche di meditazione.

Come è nata la mistica?

Esiste una teoria molto diffusa fra gli studiosi, in cui si ritiene che, in un primo momento, l'umanità ha considerato tutto l'universo come qualcosa di sacro e divino, poi, con la nascita delle religioni organizzate è avvenuta una scissione: il Creatore è divenuto qualcosa di "altro" rispetto alla creazione. La mistica sarebbe un terzo passaggio, in cui si cerca di ricostruire l'unità perduta Creatore-creature. Io, tuttavia, mi permetto di suggerire un'altra interpretazione: le prime divinità venerate dagli esseri umani erano tutt'altro che buone o sagge. Nei più antichi Vedi (i testi sacri indù) si legge che Indra, il dio del tuono, non faceva che combattere ed ubriacarsi  fino a non potersi più reggere in piedi. Nella mitologia greca Zeus tradiva continuamente la moglie Hera, inoltre per diventare signore dell'Olimpo aveva ucciso suo padre Cronos. Anche il Dio ebraico ordinava al suo popolo guerre e stragi con ben poca misericordia per i nemici. Questa è "l'infanzia della religione", poi è arrivata "l'adolescenza", in cui si è cominciato a credere in un Dio che rappresenta la morale, poteva essere un Dio unico, come quello degli ebrei, o semplicemente una divinità più potente di tutte le altre. Solo che tutti ci rendiamo conto che non sempre i casi della vita sono governati dalla morale. Non c'è essere umano che non si sia mai chiesto perché un Dio buono permette tante cose malvage. A questo punto l'umanità è entrata nella sua fase adulta: qualcuna ha rigettato in blocco la religione, divenendo ateo, qualcun altro ha cominciato a cercare il Divino non più nel mondo esterno bensì in quello interiore. Questi ultimi sono i mistici.

I mistici sono sempre anarchici, in contrasti con la religione "ufficiale"?

Non è sempre così. Certo, restando da noi in Occidente, abbiamo avuto i casi di Margherita Poreto e Giordano Bruno che sono finiti vittime dell'Inquisizione. D'altra parte dobbiamo anche notare la stima che, per esempio, i papi cattolici hanno avuto nei confronti di mistici, quali Francesco d'Assisi, Domenico di Guzman e Caterina da Siena, e soprattutto quest'ultima era una donna ribelle che non si faceva problemi ad usare un linguaggio duro con lo stesso pontefice

La mistica è qualcosa di esoterico, riservato a pochi iniziati?

Anche in questo caso non è sempre così, dipende dalle diverse scuole mistiche di cui stiamo parlando. Di sicuro la Qabbalah ebraica è forse la scuola più esoterica. Per secoli è rimasta chiusa in ristretti circoli di rabbini, i quali si impegnavano a non divulgarne i segreti. Solo il movimento chassidico (o hasidico), nato nell'Europa dell'Est nel '700, ha cercato di rendere alcuni aspetti della Qabbalah alla portata della gente comune. L'estremo opposto è forse la contemplazione cristiana: l'unica iniziazione richiesta è il battesimo e, anche se è stata coltivata soprattutto nei monasteri, non si è mai impedito ai laici di praticarla.

Per intraprendere un cammino mistico è necessario credere in una o più divinità?

Se da un lato tutte le tradizioni spirituali credono l'esistenza di qualcosa del Trascendente, di un "altro" rispetto alle nostre percezioni sensoriali, dall'altro lato non tutte lo descrivono nello stesso modo. Diciamo che in Europa e nel Mediterraneo si tende a vedere il Divino come un "qualcuno", nelle culture dell'Estremo Oriente lo si percepisce più come un "qualcosa". L'India è quasi una via di mezzo tra queste due concezioni: all'interno dell'induismo esistono sia scuole di pensiero teiste, che credono in una Divinità personale, come avviene in Occidente, sia altre non teiste che credono in un Divino impersonale.

E' vero che i mistici sviluppano poteri paranormali?

Ci sono testimonianze, non si sa fino a che punto attendibili, su mistici capaci di compiere guarigioni miracolose, di leggere nel pensiero, levitare, predire eventi futuri e molto altro, tuttavia i maestri spirituali cono concordi nell'affermare che questi sono come degli "effetti collaterali". Lo scopo che si prefigge un mistico non è quello di diventare una sorta di supereroe e chi si accosta alla spiritualità in cerca del miracoloso o dell'eccezione rischia facilmente di perdersi.

Qual è allora lo scopo del cammino spirituale?

Ogni essere umano ha quattro dimensioni: il rapporto con sé stesso, con gli altri, con la natura e con il Trascendente. L'intraprendere un percorso mistico, qualunque esso sia, intende creare un giusto equilibrio fra tutti questi rapporti e trasformarli in una comunione universale. Dio, l'umanità e il mondo ci appaiono come compartimenti stagni, ma possiamo scoprire che sono in realtà vasi comunicanti in contatto l'uno con l'altro.

mercoledì 28 luglio 2021

"I Quattro Maestri" di Vito Mancuso [recensione]


 

Vito Mancuso è un teologo laico, sposato e con figli, che è divenuto noto al grande pubblico grazie al successo del suo libro L'Anima e il Suo Destino, pubblica nel 2007 da Raffaello Cortina. Si tratta quasi di mio compaesano, visto che è nato a Carate Brianza, mentre io sono di Giussano e vivo da sempre a Verano Brianza. Mancuso si definisce un post-cristiano, che è critico con le Chiese cristiane, di cui non riconosce alcuni dogmi, ma ne accoglie altri insegnamenti, come spiega eloquentemente sul suo  sito. Io, all'opposto, mi considero un neo-cristiano che vuole una riforma della sua religione, abbandonando le divisioni tra le diverse Chiese ed accogliendo pure insegnamenti nuovi dalle altre fedi e filosofie. 

Tornando a Mancuso, nel suo libro I Quattro Maestri, riprende una tesi del filosofo tedesco Karl Jaspers, secondo la quale i quattro uomini che hanno segnato maggiormente il pensiero umano sono stati Socrate, Buddha, Confucio e Gesù. Il teologo li esamina uno ad uno, mettendo in risalto qual era il nocciolo del loro pensiero e cosa possono ancora insegnare agli uomini e le donne di oggi:

  • Socrate è stato un educatore che insegnava alle persone a formarsi una coscienza morale;
  • Buddha un medico che cercava di curare il dolore;
  • Confucio un politico che voleva creare una società ordinata e solidale;
  • Gesù un profeta che annunciava un Regno di Dio destinato a cambiare il mondo.

Argutamente, Mancuso fa notare come gli occidentali contemporanei non vogliano maestri, eppure tutti noi abbiamo avuto degli "istruttori" che ci hanno insegnato a leggere, scrivere, fare i calcoli, guidare la macchina, svolgere un lavoro e tante altre cose. Non accettiamo però che qualcuno ci insegni a vivere. La cosa  in sé non sarebbe nemmeno sbagliata, perché ognuno dovrebbe col tempo imparare ad essere il maestro di sé stesso, come sostenevano gli illuministi. Per Mancuso, comunque, prima di arrivare a questo, è giusto avere dei maestri, ma molteplici e non permanenti. In pratica, non bisogna per forza seguire tutta la vita il maestro, senza emanciparsene mai, anche perché il vero maestro è chi ti insegna ad essere autonomo. Inoltre, in diversi momenti dell'esistenza si può avere bisogno di diversi maestri. Ognuno deve capire di quale maestro ha bisogno lui personalmente in quel particolare passaggio della propria esistenza. 

Per spiegare questo, l'autore riporta un racconto della tradizione cinese, che potrebbe forse far sorridere: Confucio, Buddha e Lao-Tse (il fondatore del taoismo) intingono tutti e tre un dito in una botte piena di aceto e ne assaggiano il contenuto. Confucio lo trova aspro, Buddha amaro e Lao-Tse dolce. Chi ha scritto questa storiella era probabilmente un taoista che voleva dimostrare la superiorità della sua scuola di pensiero sulle altre, tuttavia il racconto ci pone una domanda: che sapore ha per noi la vita? Se la vita è aspra siamo in sintonia con Confucio, quindi è lui il maestro che fa per noi; se è amara, ci serve Buddha e, se è dolce, Lao-Tse.

Vito Mancuso


Posso dirmi d'accordo su tutto questo, ma ci sono anche alcuni elementi nel saggio del teologo che non condivido: 

  • Innanzitutto, quando parla di Gesù, Mancuso dà una lettura dei Vangeli soprattutto di tipo storico-letterario, mentre io ho sempre preferito quella allegorica. l'autore entra infatti in un vicolo cieco: cerca di distinguere il Gesù storico dal Cristo insegnato dalle Chiese, però deve poi riconoscere che questo è impossibile, perché i Vangeli e tutto il Nuovo Testamento sono opera di autori che volevano dimostrare che Gesù é Cristo. Inoltre, anche se non è trattato specificamente in questo libro, esiste un problema che i Vangeli pongono ai lettori contemporanei: l'evento chiamato Resurrezione. Se Gesù è risorto, bisogna considerarlo superiore ad ogni altro maestro, anzi ad ogni altro uomo. Se non lo è, pur restando un grande saggio, i suoi discepoli sono stati degli impostori. Secondo me, non dobbiamo intendere la Resurrezione come la vicenda di un cadavere che esce dalla tomba, altrimenti si tratterebbe di una sorta di racconto horror, simile a quelli degli zombi di George Romero o del Conte Dracula. Dovremmo, invece, esaminare quello che dicono molti teologi e mistici della Chiesa ortodossa, ossia che la Resurrezione è anche Theosis, divinizzazione. In questo caso, può diventare accettabile persino per noi oggi.
  • Mancuso, come anche Jaspers, ammetteva che esiste un quinto uomo che ha influito sulla storia umana, quanto Gesù, Buddha, Confucio e Socrate. Si tratta di Maometto, ma entrambi lo sottovalutano, considerandolo semplicemente un rielaboratore di ebraismo e cristianesimo. Peggio, Mancuso ritiene che il Profeta dell'Islam, avendo fondato delle istituzioni religiose e politiche, sia stato l'opposto dei profeti biblici che erano persone contrapposte alle istituzioni. Muhammad fu invece un legislatore ispirato che cercò di creare una civiltà più giusta in Arabia, un po' come aveva tentato di fare Confucio in Cina. In aggiunta, fu molto più inclusivo di quanto non si creda: per lui non solo cristiani ed ebrei, ma anche zoroastriani e gnostici erano ispirati da Dio, e persino nella religione politeista degli arabi pre-islamici c'era qualcosa da salvare, come spiego in questo mio articolo 
  • Il teologo, infine, condivide quella sorta di vulgata ideologica per cui comunismo e nazifascismo sarebbero la stessa cosa. Pur riconoscendo tragedie come i gulag sovietici o le stragi della Cambogia di Pol-Pot, non me la sento di condannare in blocco il marxismo. In primis, perché vedo che chi nel mondo si batte per cose come la giustizia sociale, l'anticolonialismo e l'antifascismo, in genere, si definisce ancora oggi comunista. Mi ha molto commosso la frase di Alekseij Markov, il comandante di una brigata di partigiani russi del Donbass in lotta contro il governo neonazista ucraino, che diceva riguardo ai suoi nemici "Possono odiarci, ma noi non possiamo, perché sono nostri fratelli". In secundis, anche il liberalismo si sta dimostrando sempre più una forma di totalitarismo. L'Occidente liberale, che al suo interno sostiene (giustamente) le liberà individuali, nel resto del mondo con le sue guerre coloniali ha causato tra i cinquanta e i cinquantacinque milioni di morti, solo negli ultimi settant'anni [cfr. Noam Chomsky e Andre Vltchek Terrorismo Occidentale]. Se a questo dovessimo aggiungere le vittime "indirette" dovute alla fame e alla povertà, le cifre eguagliano quelle della Germania nazista e della Russia stalinista.
  • Mancuso ripete a più riprese che la caratteristica fondamentale di Dio non sia la bontà, bensì la giustizia. Non è il primo pensatore eminente da cui sento questo discorso. In fondo, Buddha parlava di Karma, Socrate metteva al primo posto la giustizia ("meglio subire un'ingiustizia che commetterla" diceva), Confucio applicava una forma di legge del taglione, ed anche Gesù insegnava a pregare il Padre con le parole: "Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori". Quindi, per Lui, può essere perdonato solo chi, a sua volta, perdona. Nonostante tutto questo, io non riesco a fare a meno di pensare a Isacco di Ninive, un santo cristiano arabo, il quale insegnava che "Tutti gli uomini buoni e cattivi sono racchiusi entro i confini dell'amore di Dio" e ancora che l'Onnipotente è sempre in cerca di uno "stratagemma" per salvare gli uomini. Forse, la vera spiegazione è che solo Dio conosce il vero equilibrio tra giustizia e misericordia.
In conclusione, voglio fare mia una triste constatazione di Mancuso, cioè che, in questo momento, l'unico vero maestro dell'Occidente sembra essere Friedrich Nietsche, il filosofo tedesco che voleva vivere "al di là del bene e del male" e che metteva sopra ogni cosa la "volontà di potenza". Probabilmente, in pochi hanno letto le sue opere, ma temo che tutti possano riconoscersi nel discorso finale di Alberto Sordi nel film Finché c'è Guerra c'è Speranza "Anche le persone come voi, le famiglie come la vostra, che vogliono, vogliono e non si accontentano mai: le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto! E per procurarseli, qualcuno bisogna depredare, ecco perché si fanno le guerre!” In pratica, tutto è lecito per arrivare ai propri scopi, non importa con che mezzi. La morale, che i quattro maestri (e molti altri grandi uomini) ci avevano insegnato, è divenuta irrilevante. In pratica, l'unica legge è un continuo mors tua vita mea, e non solo per i singoli individui: persino le istituzioni seguono un principio opportunistico, al punto che anche le religioni e le ideologie politiche vengono usate solo come un mezzo per l'avanzamento personale. Gli effetti sono molteplici: dallo sfacelo nei rapporti interpersonali alla sparizione del welfare, dal divario sempre più grande tra ricchi e poveri all'esaurimento delle risorse del nostro pianeta. Qualora non ci sia una conversione che riporti  al centro l'etica, il destino dell'umanità pare tragico, però una conversione può iniziare solo dall'esperienza interiore dei singoli.


martedì 1 giugno 2021

Che cos'è una religione?




Questa è la classica domanda da un milione di dollari. In genere si pensa che le religioni siano la credenza in una o più divinità, eppure il buddismo e il confucianesimo, per lo meno nella loro forma originaria, non davano importanza all'esistenza degli dei. Ad un discepolo che gli poneva domande su questo argomento, Buddha rispose paragonando tale allievo ad un uomo trafitto da una freccia che, anziché cercare di estrarla, stesse a domandarsi chi l'ha costruita.

Altri potrebbero considerare la religione come la fede in una vita dopo la morte, ma persino gli antichi ebrei, prima dell'avvento del fariseismo, sembravano non avere un'idea precisa su una vita ultraterrena. Ancora al tempo di Gesù, i sadducei, la confessione ebraica a cui appartenevano i sommi sacerdoti, riteneva non ci fosse niente dopo la morte. L'importante era seguire in questa esistenza terrena la Torah, la Legge data da Jahweh a Mosè, per ottenerne una ricompensa immediata in ricchezza, salute, gioia e longevità. Invece, povertà, sofferenza e malattie erano riservati a chi trasgrediva i comandamenti.

Se esaminiamo l'etimologia della parola “religione”, essa viene dal latino religio, che si può tradurre con “rileggere”. In fondo quando si rilegge un testo scritto, lo si approfondisce, ma religio significa anche “raccogliere” una tradizione o ancora “rilegare insieme” qualcosa. Tutti e tre queste accezioni ci dicono qualcosa su cosa sia una religione, però esiste una complicazione: nei testi degli antichi romani si parlava di religio civilis, religione civile. Per noi oggi sarebbe una contraddizione in termini, eppure nell'Antica Roma la devozione agli dei era una delle tante usanze che garantivano la coesione dello Stato. Per questo motivo, in diversi momenti della storia antica gli ebrei e i cristiani venivano visti come dei “sovversivi” da perseguitare. Anzi, erano a volte accusati anche di “ateismo”, perché non credevano agli dei di Roma.

Uscendo dal ristretto ambito della cultura latina, scopriamo che in greco “religione” si dice therapeia, parola da cui deriva il nostro “terapia” e che vuol dire “cura”. In cinese, invece, per designare la religione si usa il termine jiao, “insegnamento” tramandato da un maestro ai suoi discepoli.

Diciamo che tutte queste differenti parole mettono in luce diversi aspetti di un'unica realtà: la religione è quella tradizione che unisce, insegna, spinge a riflettere e ci aiuta a prenderci cura di noi stessi, degli altri, della divinità e del mondo circostante. So che è una definizione un po' lunga, ma a me personalmente sembra l'unica davvero esauriente. Grazie ad essa, inoltre, diventa poco rilevante la distinzione che si di solito tra religione e filosofia. In fondo, soprattutto filosofi greci erano qualcosa di più che semplici insegnanti accademici. Il filosofo era infatti “l'amico della sapienza”, che si occupava di tutta l'esistenza, dallo studio delle leggi naturali a quelle dei rapporti umani, fino alle domande ultime: “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?” Forse non è un caso che il primo scritto che Platone dedica al suo maestro Socrate vede quest'ultimo discutere con un sacerdote sugli dei. Se aggiungiamo che sempre Platone ha infarcito i suoi scritti di narrazioni mitiche (la più famosa è quella su Atlantid) e che Pitagora ha organizzato i suoi seguaci come una setta esoterica a cui si accedeva con un'iniziazione, il confine tra religione e filosofia diventa sempre più sottile.

L'unica vera questione aperta è se serva ancora al giorno d'oggi seguire una religione. Persino molti sacerdoti cattolici citano sempre più spesso la frase del teologo luterano Karl Barth: “Bisogna distinguere la religione dalla fede”. Per fede si intende quello che più comunemente chiamiamo spiritualità, ossia un'esperienza interiore. La religione sarebbe solo il corollario di concetti, riti e istituzioni che circonda la spiritualità, ma che non è indispensabile per essa. Ciò nonostante, milioni di uomini e donne ancora vivono secondo i dettami di una religione. Forse per capire meglio la questione dovremmo partire dalla base: perché le persone credono?

Mi viene in mente il film Dellamorte Dellamore di Michele Soavi, tratto dal libro omonimo di Tiziano Sclavi. Nel finale, il protagonista scopre che, al di fuori del piccolo paesino di provincia in cui vive, non esiste nient'altro, il resto del pianeta è disabitato. Per questo tutta la sua vita e persino il suo grande amore per una donna perdono di significato. Siamo un po' tutti così, circondati da un grande nulla che vorremmo in qualche modo riempire.


Secondo me, il merito delle grandi religione è stato quello di averci dato uomini, come Gesù, Mosè, Buddha, Confucio, Muhammad, eccetera, che hanno cercato di riempire il nulla. Se siano tutti realmente esistiti o meno, se elementi sovrannaturali o miracolosi nelle loro vite siano da prendere alla lettera o da considerare delle metafore, non so dirlo, ma almeno possono darci dei consigli per migliorare noi stessi ed in questo modo cambiare anche la realtà circostante.





Christian Universalism - a profession of faith (English version)

All the following sentences are not dogmas or revelated Thruths, but only my personal opinions. God is neither male, nor female, but He/She ...