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lunedì 14 novembre 2022

Christian Universalism - a profession of faith (English version)



All the following sentences are not dogmas or revelated Thruths, but only my personal opinions.

God is neither male, nor female, but He/She is our Father, Mother, Friend and Lover. In His/Her Kingdom there is no discrimination on sexuality, race, language, religion, political view, etc.
Jesus of Nazareth is not only a great spiritual theacher, He is the incarnated God. At the same time there are a lot of holy men and women, the Saints guided by God. There are Saints, both inside the organized Christian communities (for example: Makarios the Egyptian, Isaac the Syrian, Catherine of Siena, Theresa of Avila), both outside them (Confucius, Buddha, Mohamed, Rabbi Maimonides, Guru Nanak Dev and others).
Who is a Saint? A person guided by the Holy Spirit, a part of God, who He Himself already gives us in this mortal life. Everyone can meet the Spirit of God. The only limit is that one has to sincerely accept Him and to live in accord to the Spirit. A Saint could make mistakes, as every human, but to follow a Saint's theaching is always a good choice.
If a person practices his/her religion or philosophy with devotion and love, he/she can reach the Holy Spirit, but nobody has the right to impose his way or view to others.
Study of the Holy Scriptures, prayers, rites, ethical laws and meditation are the tools who help us in our spiritual pilgrimage, but only on condition that we also practice charity to our brothers and sisters. In the Gospels, Jesus Christ Himself explains that the real discriminating factor is the charity to others, for example in the Sermon on the Beatitudes (Matthew 5,3-12) or in the Parable of the Sheep and the Goals (Matthew 25,31-56).
The Scriptures, like Bible, Quran, Vedas, Adi Granth and Pali Canon, are inspired by God, but written by humans, who lived in a particular age and country, that influenced them. For this reason, the Scriptures may help us, if we read them with wisdom and not with fanatism or superficiality.
Tradition and traditionalism are not the same thing: the Revelation is progressive and can be adapted to different ages, cultures and societies. We must not always oppose to changes, because they could be positive or, in some situations, necessary.
Material reality and our carnal bodies are gifts of God, expression of His/Her love. We must respect nature, and not abuse or destoy it, because it is not our proprierty. The same for our bodies, that are part of us and necessary for us.

sabato 29 ottobre 2022

Universalismo cristiano - una professione di fede

Questo non è Buddha, ma Gesù ritratto da un'artista cinese.


Fino ad ora ho cercato di non esporre pubblicamente la mia visione  del mondo, perché non verrei creare l'ennesimo "sistema di pensiero", un'ideologia se preferite. In genere la vita è talmente mutevole e complessa da rompere tutti i sistemi in cui cerchiamo di imbrigliarla. Per giunta quando due persone che seguono due ideologie contrarie si incontrano, finisce per scoppiare una guerra, seppure non sempre combattuta con le armi.
Mi veniva però sempre più difficile parlare di spiritualità in astratto, senza una vera e propria visione d'insieme. Ho deciso quindi di spiegare la mia fede in dodici punti, specificando però che si tratta solo di opinioni personali e non di dogmi.

  1. Gesù di Nazareth non è solo uno fra i tanti maestri, me è Dio incarnato.
  2.  Allo stesso tempo esistono anche i santi e le sante sia all'interno delle comunità cristiane organizzate (Macario l'Egiziano, Isacco il Siro, Francesco d'Assisi, Caterina da Siena, Teresa d'Avila, ecc.) sia al di fuori di esse (es. Confucio, Buddha, il profeta Maometto, il rabbino Maimonide, il guru Nanak Dev e tanti altri).
  3. Ma chi è un santo? E' colui che accoglie in sé lo Spirito Santo. 
  4. E chi o cosa è lo Spirito Santo? E' quella parte di Dio che Egli dona a noi, suoi figli, già in questa vita. Tutti possiamo essere santificati e, in un certo senso, "divinizzati" dallo Spirito, come è avvenuto ai grandi maestri spirituali, se siamo disposti ad accettarLo in noi.
  5. I santi, a differenza di Gesù, non sono infallibili. Bisogna prendere con il beneficio del dubbio molte cose che dicono e fanno, sebbene in genere mettersi sulle loro orme sia sempre positivo.
  6. Tutte le grandi religioni e tradizioni spirituali possono condurre a Dio, ma nessuna possiede tutta la Verità su di Lui, poiché la Sua natura più intima non può essere ingabbiata in idee e concetti umani.
  7. Nessuno deve essere forzato a seguire una certa religione o un certo cammino piuttosto che un altro, poiché "le vie del Signore sono infinite" e forse quello che è bene per una persona può essere male per un'altra.
  8. La Bibbia, il Corano, i Veda, l'Adi Granth e qualunque altro testo sacro possono essere d'ispirazione per il cammino spirituale, a due condizioni: a) che li si legga in rapporto alla cultura dell'epoca storica e della regione geografica in cui sono stati scritti; b) che non ci si fermi al senso letterale, come fanno i fondamentalisti, ma se ne cerchi i significato profondo. 
  9.  Si deve sempre distinguere tra tradizione e tradizionalismo. La tradizione è qualcosa di più mutevole di quanto non si creda, infatti ogni religione e filosofia conosce una sua propria evoluzione. Per questo motivo è sbagliato rifiutare a priori ogni possibile riforma o cambiamento.
  10. Non si deve demonizzare né il nostro corpo né il mondo materiale. Essi sono doni di Dio, che possono condurci ad una comunione con Lui, a patto che li trattiamo con rispetto, senza abusarne.
  11. La partecipazione ai riti, lo studio della teologia, l'ascesi e la meditazione sono tutti importanti, purché siano accompagnati dalla misericordia verso il prossimo. Senza compassione nessuno può incontrare Dio.
  12. Non serve più al giorno d'oggi fondare nuove religioni o nuove Chiese cristiane, caso mai bisognerebbe costruire nuove comunità, poiché l'essere umano moderno, specialmente in Occidente, è malato di individualismo.




martedì 11 ottobre 2022

Meditazione focalizzata teistica (1): Introduzione




Chiedo scusa a tutti se non sono un sacerdote né un monaco, un rabbino o un imam.  Vi prego quindi umilmente di prendere le cose che scrivo con il beneficio del dubbio: non sono dogmi o rivelazioni avute da esseri soprannaturali, ma sole mie opinioni personali e, quindi, assolutamente contestabili.
Sono cristiano, ma riconosco un'ispirazione divina in tutte le religioni, per cui accetto di mettere da parte la mia visione del mondo per rivolgermi ai seguaci di qualunque fede, nonché agli atei e agli agnostici.
Come ho più volte spiegato, non credo sia possibile una sintesi fra tutte le religioni a livello dottrinario. Le visione teologiche e filosofiche troppo diverse: addirittura non in tutte le religioni si parla di "Dio" o di "anima", per lo meno non come li intendiamo noi in Occidente. Tuttavia su due elementi si può trovare delle similitudini, cioè la morale e la spiritualità.
Riguardo alla morale, se anche tra le varie tradizioni spirituali ci sono differenze su argomenti come l'alimentazione e la sessualità, d'altro canto esistono regole fondamentali che tutti accettano. Soprattutto ricorre la cosiddetta "Regola d'Oro": "Non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te". Il primo ad esprimerla sembra sia stato il dotto cinese Confucio, mentre Gesù Cristo sarebbe l'unico a porla in positivo ("fa' agli altri quello che vorresti gli altri facessero a te").
Passando alla spiritualità, voglio prima precisare il significato di questo termine. Io concepisco la spiritualità come un lavorare sul proprio mondo interiore, e proprio per questo mi sembra un qualcosa di strettamente collegato all'etica, che invece regola i nostri rapporti con gli altri ed il mondo circostante. Scavando nel nostro sé possiamo arrivare al Trascendente, quello che comunemente noi occidentali chiamiamo Dio.
Qualcuno obbietterà che Dio è irraggiungibile, quindi è inutile cercare di costruire una relazione con Lui, altri che, in fondo, se il Divino è già dentro di noi, non serve nemmeno cercarLo. Entrambe le affermazioni sono incomplete. l'Assoluto, essendo infinito ed eterno, è impossibile da comprendere dalle menti di noi esseri umani, limitati nello spazio e nel tempo, però può essere, per così dire, "percepito" andando oltre i concetti astratti e i ragionamenti che continuamente facciamo su di Lui. Chi afferma che l'umanità e il Trascendente non si incontrino mai, in genere, è semplicemente qualcuno che non ha mai avuto occasione di fare esperienze della vicinanza di Dio.
Riguardo alla presenza del Divino in noi, io ne sono convintissimo, ma temo che non sia così facile entrare in contatto con Lui: siamo troppo distratti dalle mille impellenze della vita quotidiana, come pure dai nostri desideri, dalle nostre paure e immaginazioni per poter badare a Dio. Per giunta è sempre presente il rischio di fraintendere le vere ispirazioni divine dalle costruzioni del nostro inconscio.







Mi permetto di esporre un percorso spirituale, che io per primo sto cercando tra mille difficoltà di seguire: la meditazione focalizzata teistica, che per comodità abbrevio come MFT. Spieghiamo passa per passo, il significato di queste tre parole.
Il termine "meditazione" è stato usato per tradurre termini sanscriti come Dhyana e Bhavana. In realtà, il senso non è tanto quello di riflettere o ragionare su qualcosa, quanto piuttosto praticare uno o più esercizi psicofisici destinati ad aiutare la crescita spirituale. Fino a tempi recenti nella tradizione cristiana, la parola più usata per questo era "contemplazione".
La meditazione può essere di due tipi:
  • Attenzione focalizzata: ci si concentra un singolo oggetto, che può essere una parola, un'immagina, un testo scritto, una parte del corpo, una persona o altro. il Dhikr musulmano, la preghiera di Gesù e la lectio divina cristiane, la meditazione yogica classica e la Kabbalah meditativa ebraica rientrano tutte in questa categoria.
  • Attenzione aperta: si cerca di osserva tutto ciò che accade in noi e attorno a noi, senza attaccarsi a nulla, ma lasciandolo scorrere. Pratiche di origine buddista, come Vipassana, Mindfulness e meditazione panoramica tibetana, fanno parte di quest'altro raggruppamento.
Un'altra distinzione può essere compiuta sulla base dell'impostazione mentale di colui che medita( il meditante):
  • meditazione teistica: qualora il suo intento è l'incontro/unione con una divinità concepita come una persona.
  • meditazione a-teistica: se il suo scopo è invece raggiungere un Divino impersonale.
Facciamo attenzione che per "a-teistica" non si intende una pratica "atea": semplicemente questo tipo di meditazione proviene da tradizioni spirituali, come buddismo, taoismo e confucianesimo, non considerano indispensabile da venerazione di uno o più dei per la realizzazione spirituale, nonostante alcune frange di queste scuole di pensiero ammetano il culto per i loro fondatori (rispettivamente Buddha, Confucio e Lao-Tse) e per altri personaggi eminenti.
L'idea di un Dio-persona, tuttavia, rimane più tipica delle tre religioni di Abramo (ebraismo, cristianesimo e Islam), del sikhismo (un altro monoteismo ma non derivato da Abramo), dello shintoismo giapponese e di gran parte dell'induismo, come pure degli antichi culti di greci, romani, egizi, eccetera. La maggior parte delle religioni è quindi teista.
In questo saggio esamineremo un tipo di meditazione teistica focalizzata, non perché sia migliore della altre, bensì per il semplice motivo che è quella che io pratico. Non sarei in grado di parlare di Vipassana o di Zazen, visto che non mi ci sono mai accostato. Nei capitoli successivi prenderò in esame alcuni forme di MFT riprese da induismo, ebraismo, cristianesimo e Islam, quindi trarrò alcune conclusioni.

NB quelli che io propongo sono solo alcuni dei tanti metodi di meditazione possibili, quindi potranno non essere adatte a chiunque. In fondo non mangiamo tutti le stesse cose, non svolgiamo tutti lo stesso lavoro e, per fortuna, non ci innamoriamo tutti dello stesso uomo o della stessa donna. Perché non dovrebbero esserci diverse vie per raggiungere l'Assoluto, ciascuna più adatta a determinate persone piuttosto che ad altre?

CONTINUA



sabato 24 settembre 2022

Yoga, sufismo ed esicasmo: simili ma non uguali



In molti hanno provato a fare una sintesi di tutte le religione esistenti, alcuni in maniera quasi cialtronesca, come nel caso dell'occultista anglo-russa Madame Blavatsky, altri più coscienziosamente, come il mistico iraniano Baha'u'llah, fondatore della fede Baha'i. Io personalmente penso che non si possa trovare un accordo tra le diverse religioni e tradizioni spirituali sul piano dell'insegnamento dottrinario, bensì su quello delle pratiche mistiche, oltre che sulla morale. Per spiegare questo consentitemi di confrontare tre grandi scuole di spiritualità, cioè lo yoga, il sufismo e l'esicasmo.

Lo yoga nasce dell'induismo, una religione politeista in cui si venerano migliaia di dei, tuttavia gli indù ritengono che divinità, umani, animali, piante ed ogni altro essere non siano che tante espressioni del Sé universale, il Brahman. Il sufismo proviene dall'Islam, una fede monoteista assoluta con un Dio uno e unico. L'esicasmo dal cristianesimo - soprattutto ortodosso orientale - che è un po' un monoteismo "atipico", nel quale il Dio unico viene visto come la comunione fra tre persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Anche quello che si aspettano i seguaci di tali scuole è differente: gli indù cercando di ottenere la fusione del loro sé individuale con il Sé universale, in cui il primo scompare a favore del secondo; i cristiani parlano di Unio Mystica, unione mistica con Dio, o addirittura di Theosis, divinizzazione, intendendo con questo una comunione d'amore tra la creatura umana e il suo Creatore, senza però una vera fusione tra i due esseri; i Sufi hanno elaborato due concetti all'apparenza contraddittori, ossia il Fanah, l'estinzione del credente in Dio (che scompare come nell'induismo), e il Baqah, la sopravvivenza dello stesso in Dio (come nel cristianesimo). Le diverse confraternite Sufi tendono a dare più importanza all'uno o all'altro, oppure ad entrambi.

Nonostante ciò, il percorso mistico di uno yogi, di un sufi o di un esicasta appare simile nelle sue tappe. In primo luogo, tutti devono condurre uno stile di vita sobrio, cercando di controllare il proprio corpo e i propri istinti. Inoltre devono guardarsi bene dall'arrecare danno agli altri. Tutto questo è un cammino di purificazione che anticipa le pratiche mistiche vere e proprie. I maestri delle varie tradizioni sono concordi nell'affermare che, senza queste premesse, il cammino spirituale non porterà a nulla.



Seguono a questo punto degli esercizi psicofisici per unificare corpo, mente e spirito. Per esempio cercare di portare tutta la propria attenzione su una parola o una frase è una pratica comune. Fra gli yogi si chiama Mantra, tra i sufi Dhikr, tra gli esicasti Preghiera del Cuore o Preghiera di Gesù. Soprattutto i musulmani e cristiani ortodossi sembrano identificare in gran parte la loro spiritualità proprio con queste due pratiche, tuttavia la Preghiera di Gesù può venire tradotta in varie lingue o modificata a seconda delle esigenze del fedele, mentre Mantra e Dhikr devono restare sempre invariate, poiché considerate parole sacre in sé stesse. Specie del primo, spesso, si ritiene più importante il suono delle parole rispetto al loro significato.

Tutti conosciamo la sillaba "Om" (a volte scritta Aum), che per l'induismo è il suono primordiale, qualcuno avrà sentito pure il mantra che cita Krishna e Rama, due avatar del dio Vishnu: "Hare Krishna Hare Krishna/ Krishna Krishna Hare Hare/ Hare Rama Hare Rama/ Rama Rama Hare Hare".  Nel Dhikr viene usata la professione di fede islamica, "Là Ilaha Illà Allah" (Non c'è altro dio all'infuori di Dio), oppure versetti del Corano, o ancora semplicemente le parole Allah (Dio) e Hu (Lui). Nell'esicasmo si usa la preghiera apparsa sul Monte Athos durante il Medioevo, "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore", ma esiste anche quella più antica, risalente al primo monachesimo "Vieni, Signore in mio aiuto/Vieni presto in mio aiuto". In Occidente è utilizzata anche la frase in aramaico "Maranathà" (Vieni, Signore), divulgata dal benedettino irlandese, John Main, il quale, tuttavia, non era un esicasta ortodosso.

A questo punto si arriva ad una condizione di pace e silenzio interiore, quello che lo yoga chiama Samadhi, mentre i mistici cristiani e islamici usano tanti termini diversi. Per spiegare questa varietà di linguaggio bisogna tenere presente che, mentre in India si sono adeguati tutti alla terminologia usata nello Yoga Sutra, attribuito al saggio Patanjali e redatto forse tra il II secolo a.C. ed il V d.C., nei paesi cristiani e musulmani ogni mistico aveva un suo proprio vocabolario. 

Tornando al Samadhi, è possibile che in esso avvenga l'incontro con l'Assoluto, indipendentemente da qualunque modo lo si voglia chiamare, ma nessuno può forzare questo evento. Solo Dio può decidere di manifestarsi. Potremmo paragonarlo ad un incontro d'amore: io posso dare appuntamento alla donna o all'uomo che ama, però solo lei/lui può decidere se presentarsi o meno. In ogni caso il percorso spirituale è sempre utile. Parlando per esperienza personale, se anche non ho mai sperimentato una vera Unio Mystica, posso ugualmente dire di aver sviluppato un rapporto quotidiano con il Divino, che mi aiuta anche a migliorare le mie relazioni con me stesso, con gli altri e con la natura. Come insegna San Giovanni Climaco: "Non tutti possono arrivare ai più alti gradi del cammino spirituale, ma tutti possono essere riconciliati con Dio".



lunedì 30 maggio 2022

In libreria "Racconti Apocrifi"

 Finalmente potete trovare in libreria il mio libro Racconti Apocrifi. In esso ho cercato di spiegare almeno cinque grandi religioni (zoroastrismo, buddismo, Islam, cristianesimo e sikhismo) attraverso delle narrazioni legate alle vite dei loro fondatori. L'impresa è stata ardua, poiché non mi ero mai trovato a dover far coesistere mito, realtà storica e mia immaginazione. 



I racconti di cui sono più orgoglioso sono quelli dedicati a Maometto e a Buddha. Soprattutto di quest'ultimo temevo di non farcela, visto che io sono sempre stato un "teista" che crede in una divinità trascendente, mentre lui era un agnostico che non riteneva indispensabile la fede negli dei per raggiungere l'Illuminazione.



Quelli che mi ha fatto più penare è stato invece il racconto su Gesù, visto che è un personaggio su cui, almeno da noi in Occidente, si è detto tutto ed il contrario di tutto. Per questo ho preferito incentrarlo più sui suoi discepoli che su di Lui personalmente.

I racconti su Zarathustra e sui dieci Sikh Guru, infine, sono quelli in cui ho dovuto "inventare" maggiormente, visto che trovavo poco materiale in italiano su queste figure. In ogni caso spero di essere riuscito ugualmente a condensare il senso del loro messaggio.



Potete ordinare il libro nella vostra libreria di fiducia o direttamente a questo link.

martedì 10 maggio 2022

Racconti Apocrifi a Porto Seguro Show



Informo tutti che alle ore 18,30 circa sarò a Porto Seguro Show, presso il Cinema Teatro Trieste, in via Antonio Pacinotti n. 6, a Milano per presentare il mio libro Racconti Apocrifi, pubblicato da Porto Seguro Edizioni.

A questo link trovate altre informazioni.

Spero accorrerete numerosi.


lunedì 9 maggio 2022

Racconti apocrifi



Mi permetto di presentare qui un libro che ho scritto io personalmente. Uscirà questo venerdì presso l'editore Porto Seguro. Si tratta di un progetto intitolato “Racconti Apocrifi”, che si compone di un'antologia contenente cinque storie ispirate alle vite dei fondatori delle grandi religioni: Zarathustra (lo zoroastrismo), Buddha (il buddismo), Gesù e gli Apostoli (il cristianesimo), Maometto (l'Islam), Nanak Dev e i Sikh Guru (il sikhismo). Ci saranno anche alcune sorprese: per esempio, molto probabilmente a dare l'avvio al monoteismo non è stato Abramo ma Zarathustra; i monoteismi sono più di tre;  le donne furono molto importanti nell'esistenza di Maometto; Buddha non era contrario all'esistenza degli dei ed il buddismo è più che una filosofia.


lunedì 10 gennaio 2022

La pratica della meditazione (1)

 Dopo tante discussioni teoriche sulle religioni, volevo passare a parlare di quello che, secondo me, è il fulcro dell'esperienza religiosa, ossia la meditazione. Lo faccio a partire da alcuni video postati su YouTube da Axel Bayer, monaco benedettino della Congregazione Camaldolese, nonché insegnante di yoga.

Nel primo video Bayer prende in esame le due grande metodologie della meditazione: Vipassana, ossia allargare la propria attenzione a tutta la realtà circostante, e Dhyana, concentrarla su un unico oggetto, che sia un'immagine, una parola, un testo scritto, una parte del corpo o altro. In questa seconda categoria il monaco fa rientrare lo yoga, l'esicasmo ortodosso, il dhikr musulmano e persino alcune pratiche del cattolicesimo, quali il rosario e la lectio divina (la lettura meditata delle Sacre Scritture).

Nel secondo Bayer passa a mettere in confronto alcuni testi che trattano della meditazione: il primo è lo Yoga Sutra, uno scritto indiano attribuito al saggio Patanjali, gli altri sono principalmente di mistici cristiani: si va da Evagrio Pontico a Giovanni Climaco, da Giovanni della Croce all'ignoto autore medievale de La Nube della Non-Conoscenza fino a Tommaso d'Aquino che, in genere, non è  classificato come un mistico, ma come un teologo "razionale".  

Innanzitutto, ci si trova davanti ad una differenza di termini: mentre in India tutti i maestri spirituali si sono adattati alla terminologia usata da Patanjali, nel cristianesimo ogni maestro ha adoperato parole diverse per descrivere la sua esperienze. Per esempio, se il traguardo dello yoga è lo stato di vicinanza al Divino, chiamato Samadi, nella tradizioni cristiana alcuni parlano di preghiera pura, altri di contemplazione, altri ancora di Hesychia (in greco silenzio, quiete) o addirittura di Theosis (deificazione, divinizzazione).

 Se passassimo ad esaminare anche la mistica islamica, ebraica, buddista, shintoista o taoista troveremmo tantissimi altri termini diversi, ma tutto questo non deve spaventare: come ripeto sempre, se ci fermiamo all'aspetto concettuale delle religioni, le troveremo sempre inconciliabili, invece se passiamo a quello pratico e, per così dire, apofatico (ossia che trascende i concetti), troveremo comunanze sorprendenti. Seppure scaliamo montagne diverse, il cielo sopra noi tutti resta lo stesso.





mercoledì 28 luglio 2021

"I Quattro Maestri" di Vito Mancuso [recensione]


 

Vito Mancuso è un teologo laico, sposato e con figli, che è divenuto noto al grande pubblico grazie al successo del suo libro L'Anima e il Suo Destino, pubblica nel 2007 da Raffaello Cortina. Si tratta quasi di mio compaesano, visto che è nato a Carate Brianza, mentre io sono di Giussano e vivo da sempre a Verano Brianza. Mancuso si definisce un post-cristiano, che è critico con le Chiese cristiane, di cui non riconosce alcuni dogmi, ma ne accoglie altri insegnamenti, come spiega eloquentemente sul suo  sito. Io, all'opposto, mi considero un neo-cristiano che vuole una riforma della sua religione, abbandonando le divisioni tra le diverse Chiese ed accogliendo pure insegnamenti nuovi dalle altre fedi e filosofie. 

Tornando a Mancuso, nel suo libro I Quattro Maestri, riprende una tesi del filosofo tedesco Karl Jaspers, secondo la quale i quattro uomini che hanno segnato maggiormente il pensiero umano sono stati Socrate, Buddha, Confucio e Gesù. Il teologo li esamina uno ad uno, mettendo in risalto qual era il nocciolo del loro pensiero e cosa possono ancora insegnare agli uomini e le donne di oggi:

  • Socrate è stato un educatore che insegnava alle persone a formarsi una coscienza morale;
  • Buddha un medico che cercava di curare il dolore;
  • Confucio un politico che voleva creare una società ordinata e solidale;
  • Gesù un profeta che annunciava un Regno di Dio destinato a cambiare il mondo.

Argutamente, Mancuso fa notare come gli occidentali contemporanei non vogliano maestri, eppure tutti noi abbiamo avuto degli "istruttori" che ci hanno insegnato a leggere, scrivere, fare i calcoli, guidare la macchina, svolgere un lavoro e tante altre cose. Non accettiamo però che qualcuno ci insegni a vivere. La cosa  in sé non sarebbe nemmeno sbagliata, perché ognuno dovrebbe col tempo imparare ad essere il maestro di sé stesso, come sostenevano gli illuministi. Per Mancuso, comunque, prima di arrivare a questo, è giusto avere dei maestri, ma molteplici e non permanenti. In pratica, non bisogna per forza seguire tutta la vita il maestro, senza emanciparsene mai, anche perché il vero maestro è chi ti insegna ad essere autonomo. Inoltre, in diversi momenti dell'esistenza si può avere bisogno di diversi maestri. Ognuno deve capire di quale maestro ha bisogno lui personalmente in quel particolare passaggio della propria esistenza. 

Per spiegare questo, l'autore riporta un racconto della tradizione cinese, che potrebbe forse far sorridere: Confucio, Buddha e Lao-Tse (il fondatore del taoismo) intingono tutti e tre un dito in una botte piena di aceto e ne assaggiano il contenuto. Confucio lo trova aspro, Buddha amaro e Lao-Tse dolce. Chi ha scritto questa storiella era probabilmente un taoista che voleva dimostrare la superiorità della sua scuola di pensiero sulle altre, tuttavia il racconto ci pone una domanda: che sapore ha per noi la vita? Se la vita è aspra siamo in sintonia con Confucio, quindi è lui il maestro che fa per noi; se è amara, ci serve Buddha e, se è dolce, Lao-Tse.

Vito Mancuso


Posso dirmi d'accordo su tutto questo, ma ci sono anche alcuni elementi nel saggio del teologo che non condivido: 

  • Innanzitutto, quando parla di Gesù, Mancuso dà una lettura dei Vangeli soprattutto di tipo storico-letterario, mentre io ho sempre preferito quella allegorica. l'autore entra infatti in un vicolo cieco: cerca di distinguere il Gesù storico dal Cristo insegnato dalle Chiese, però deve poi riconoscere che questo è impossibile, perché i Vangeli e tutto il Nuovo Testamento sono opera di autori che volevano dimostrare che Gesù é Cristo. Inoltre, anche se non è trattato specificamente in questo libro, esiste un problema che i Vangeli pongono ai lettori contemporanei: l'evento chiamato Resurrezione. Se Gesù è risorto, bisogna considerarlo superiore ad ogni altro maestro, anzi ad ogni altro uomo. Se non lo è, pur restando un grande saggio, i suoi discepoli sono stati degli impostori. Secondo me, non dobbiamo intendere la Resurrezione come la vicenda di un cadavere che esce dalla tomba, altrimenti si tratterebbe di una sorta di racconto horror, simile a quelli degli zombi di George Romero o del Conte Dracula. Dovremmo, invece, esaminare quello che dicono molti teologi e mistici della Chiesa ortodossa, ossia che la Resurrezione è anche Theosis, divinizzazione. In questo caso, può diventare accettabile persino per noi oggi.
  • Mancuso, come anche Jaspers, ammetteva che esiste un quinto uomo che ha influito sulla storia umana, quanto Gesù, Buddha, Confucio e Socrate. Si tratta di Maometto, ma entrambi lo sottovalutano, considerandolo semplicemente un rielaboratore di ebraismo e cristianesimo. Peggio, Mancuso ritiene che il Profeta dell'Islam, avendo fondato delle istituzioni religiose e politiche, sia stato l'opposto dei profeti biblici che erano persone contrapposte alle istituzioni. Muhammad fu invece un legislatore ispirato che cercò di creare una civiltà più giusta in Arabia, un po' come aveva tentato di fare Confucio in Cina. In aggiunta, fu molto più inclusivo di quanto non si creda: per lui non solo cristiani ed ebrei, ma anche zoroastriani e gnostici erano ispirati da Dio, e persino nella religione politeista degli arabi pre-islamici c'era qualcosa da salvare, come spiego in questo mio articolo 
  • Il teologo, infine, condivide quella sorta di vulgata ideologica per cui comunismo e nazifascismo sarebbero la stessa cosa. Pur riconoscendo tragedie come i gulag sovietici o le stragi della Cambogia di Pol-Pot, non me la sento di condannare in blocco il marxismo. In primis, perché vedo che chi nel mondo si batte per cose come la giustizia sociale, l'anticolonialismo e l'antifascismo, in genere, si definisce ancora oggi comunista. Mi ha molto commosso la frase di Alekseij Markov, il comandante di una brigata di partigiani russi del Donbass in lotta contro il governo neonazista ucraino, che diceva riguardo ai suoi nemici "Possono odiarci, ma noi non possiamo, perché sono nostri fratelli". In secundis, anche il liberalismo si sta dimostrando sempre più una forma di totalitarismo. L'Occidente liberale, che al suo interno sostiene (giustamente) le liberà individuali, nel resto del mondo con le sue guerre coloniali ha causato tra i cinquanta e i cinquantacinque milioni di morti, solo negli ultimi settant'anni [cfr. Noam Chomsky e Andre Vltchek Terrorismo Occidentale]. Se a questo dovessimo aggiungere le vittime "indirette" dovute alla fame e alla povertà, le cifre eguagliano quelle della Germania nazista e della Russia stalinista.
  • Mancuso ripete a più riprese che la caratteristica fondamentale di Dio non sia la bontà, bensì la giustizia. Non è il primo pensatore eminente da cui sento questo discorso. In fondo, Buddha parlava di Karma, Socrate metteva al primo posto la giustizia ("meglio subire un'ingiustizia che commetterla" diceva), Confucio applicava una forma di legge del taglione, ed anche Gesù insegnava a pregare il Padre con le parole: "Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori". Quindi, per Lui, può essere perdonato solo chi, a sua volta, perdona. Nonostante tutto questo, io non riesco a fare a meno di pensare a Isacco di Ninive, un santo cristiano arabo, il quale insegnava che "Tutti gli uomini buoni e cattivi sono racchiusi entro i confini dell'amore di Dio" e ancora che l'Onnipotente è sempre in cerca di uno "stratagemma" per salvare gli uomini. Forse, la vera spiegazione è che solo Dio conosce il vero equilibrio tra giustizia e misericordia.
In conclusione, voglio fare mia una triste constatazione di Mancuso, cioè che, in questo momento, l'unico vero maestro dell'Occidente sembra essere Friedrich Nietsche, il filosofo tedesco che voleva vivere "al di là del bene e del male" e che metteva sopra ogni cosa la "volontà di potenza". Probabilmente, in pochi hanno letto le sue opere, ma temo che tutti possano riconoscersi nel discorso finale di Alberto Sordi nel film Finché c'è Guerra c'è Speranza "Anche le persone come voi, le famiglie come la vostra, che vogliono, vogliono e non si accontentano mai: le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto! E per procurarseli, qualcuno bisogna depredare, ecco perché si fanno le guerre!” In pratica, tutto è lecito per arrivare ai propri scopi, non importa con che mezzi. La morale, che i quattro maestri (e molti altri grandi uomini) ci avevano insegnato, è divenuta irrilevante. In pratica, l'unica legge è un continuo mors tua vita mea, e non solo per i singoli individui: persino le istituzioni seguono un principio opportunistico, al punto che anche le religioni e le ideologie politiche vengono usate solo come un mezzo per l'avanzamento personale. Gli effetti sono molteplici: dallo sfacelo nei rapporti interpersonali alla sparizione del welfare, dal divario sempre più grande tra ricchi e poveri all'esaurimento delle risorse del nostro pianeta. Qualora non ci sia una conversione che riporti  al centro l'etica, il destino dell'umanità pare tragico, però una conversione può iniziare solo dall'esperienza interiore dei singoli.


sabato 24 luglio 2021

L'esicasmo è lo yoga cristiano?

L'esicasta Isacco di Ninive



Ultimamente capita spesso di leggere articoli in rete che parlano dell'esicasmo come di una forma di yoga o di meditazione trascendentale. Il primo a scrivere un saggio dal titolo Esicasmo: Yoga Cristiano fu Anthony Bloom, un vescovo ortodosso russo espatriato in Occidente (il suo nome di battesimo era Andrej Borisovic Blum) e potete leggerlo a questo link

La preghiera esicasta, infatti, è parte della spiritualità delle Chiese cristiane ortodosse, ed è presente sia tra quelle di tradizione duofisita (i greci e gli slavi), che riconoscono l'umanità e la divinità di Cristo come due nature distinte, sia tra quelle miafisite (i copti, i siriaci e gli armeni) che le considerano un'unica natura. Persino la Chiesa assira d'Oriente, che è separata da entrambi i rami dell'ortodossia, ha una sua tradizione di esicasmo, incarnata dal mistico medievale Isacco di Ninive, venerato da tutti gli ortodossi col nome di Sant'Isacco il Siro.

 In Occidente, l'esicasmo ha cominciato ad essere conosciuto solo nel secondo Dopoguerra, in parte tramite quei religiosi ortodossi che fuggivano dal comunismo, come il sopracitato Bloom, in parte grazie a occidentali convertiti, per esempio Olivier Clément in Francia e Kallistos Ware in Inghilterra. In questo modo, la preghiera esicasta è divenuta trasversale a tutte le Chiese cristiane, tanto che  anche l'anglicano Rowan Williams, arcivescovo emerito di Canterbury, la pratica, così pure il cattolico Enzo Bianchi, fondatore del Monastero di Bose.

Cos'è l'esicasmo?

San Gregorio Palamas


Il termine "esicasmo" viene dal greco Esichia, che significa silenzio o quiete. Molti esicasti ritengono che la loro pratica, legata alla ripetizione di una breve invocazione contenente il nome di Gesù, sia stata insegnata da Cristo stesso ai suoi Apostoli. Nei Vangeli, però, non c'è traccia di questo evento. L'unica preghiera insegnata da Gesù sarebbe il Padre Nostro, tuttavia Cristo dice ugualmente cose importanti su come si prega. In primis che non bisogna "sprecare parole come i pagani" (Matteo 6,7) e subito dopo: "Tu, invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Matteo 6,6). Da notare che, a quei tempi, ben pochi potevano avere una stanza tutta per loro. La stanza in cui chiudersi per adorare Dio sarebbe dunque quella interiore, il proprio cuore, nel quale gli antichi vedevano non tanto la sede dei sentimenti, quanto il centro di tutta la persona. Se a ciò aggiungiamo la frase di San Paolo "Occorre pregare sempre", si capisce la necessità per i cristiani di elaborare un metodo per mantenersi sempre in uno stato di preghiera interiore.

L'esicasmo nasce così attorno al IV secolo d.C. tra i Padri e le Madri del Deserto, ossia i primi monaci e monache cristiani, presenti tra Egitto, Siria e Palestina. In particolare, il metodo va definendosi nel Sinai, dove vengono redatti alcuni grandi testi spirituali, quale La Scala del Paradiso (o Scala delle Virtù) di San Giovanni Climaco, molto conosciuta e stimata pure dai cattolici romani. In seguito, l'esicasmo raggiunge il Monte Athos, in Grecia, forse anche grazie all'arrivo lì di San Gregorio il Sinaita dall'Egitto. Qui viene elaborata la cosiddetta Preghiera di Gesù, "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore" che va a sostituire l'invocazione usata dai Padri del Deserto, "Vieni, Signore, in mio aiuto. Vieni presto in mio aiuto".  

Nel XIV secolo scoppia una controversia contro gli esicasti a causa di un filosofo, Barlaam il Calabro (che oggi sarebbe considerato un italiano). Non sono giunti a noi scritti di questo autore, ma sembra accusasse i monaci del Monte Athos di non venerare veramente Dio ma solo il loro ombelico! Per Barlaam, a quanto sembra, era impossibile entrare in contatto diretto con Dio, tutt'al più si poteva discutere di lui in ambito filosofico-dottrinale. A difesa degli esicasti scrisse invece San Gregorio Palamas, che dette un'inquadramento teologico all'esicasmo: Palamas distinse tra l'essenza di Dio, che resta inconoscibile alle sue creature, e le energie divine, che, invece, compenetrano la natura creata, umanità compresa. Proprio le energie di Dio possono essere percepite dagli esseri umani mediante l'ascesi e la preghiera. La Chiesa ortodossa fece propria la dottrina di Palamas e l'esicasmo si diffuse nei paesi slavi, in cui l'ortodossia si era diffusa. 

Un altro passaggio importante fu la pubblicazione a Venezia nel 1782 della Filocalia (in greco "amore per la bellezza"), una raccolta di testi di tutti i grandi esicasti, redatta dal monaco Nicodemo dell'Athos e dal vescovo Macario di Corinto. Questa antologia conobbe poi altre edizioni in slavone, russo e rumeno, dove spesso si toglievano alcuni scritti o se ne aggiungevano di nuovi. In ogni caso gli esicasti potevano contare su un'esaustiva guida per il loro percorso spirituale, il quale si articolava in tre tappe:

  1. Praxis (la pratica): con l'aiuto della Preghiera di Gesù il mistico cerca di spegnere quelle passioni negative come l'avidità, la superbia, la lussuria, l'ira, ma anche la paura, la tristezza, l'ossessione per la morte, la quale in parte spaventa ed in parte attrae.
  2. Theoria Physiche (la contemplazione della natura): l'esicasta comincia a riconoscere le energie divine nel mondo circostante, umano e naturale. Si potrebbe paragonare tale tappa allo stato in cui San Francesco, in Occidente, componeva il Cantico delle Creature, oppure alla leggenda dal sapore Zen in cui un monaco, osservando la neve che cadeva, "comprese la neve".
  3. Theoria vera e propria (contemplazione di Dio), : non è chiaro se l'esicasta raggiunga questo stato durante la vita terrena o dopo la morte. L'asceta è completamente travolto dalla visione beatifica di Dio. Da alcuni la Theoria è detta anche Theosis (divinizzazione), ma non tutti concordano se il termine vada preso alla lettera, con l'uomo che diventa Dio, o in senso metaforico, ossia l'uomo è semplicemente reso simile a Dio, poiché partecipe della Sua grazia.

L'esicasmo non è una conoscenza esoterica da tenere nascosta alla masse, ma è ugualmente un percorso ascetico che, forse non tutti sono in grado di seguire. Gli esicasti affiancano la Preghiera di Gesù con l'osservanza dei comandamenti, la partecipazione all'Eucarestia e agli altri sacramenti, la lettura delle Scritture, la penitenza, i digiuni, le vegli notturne e le opere di carità. Ad ogni modo, chiunque può provare a recitare la Preghiera di Gesù, cercando di regolarla sul proprio respiro e concentrando la mente solo su di essa, lasciando defluire tutti gli altri pensieri. Ciò conduce col tempo ad un senso di pace interiore e, magari, fare quell'esperienza di meditazione profonda, chiamata "preghiera del cuore".


Cos'è lo yoga?

Nella Bahagvad-Ghita, il divino Krishna dà alcune spiegazioni sullo yoga


Diciamo subito che lo yoga è qualcosa di molto più complesso di una semplice ginnastica. Non è nemmeno unicamente un metodo per rilassarsi. Queste sono banalizzazioni che ne abbiamo fatto noi occidentali, al punto che, in alcune multinazionali, si consiglia ai manager di praticare yoga (oppure Zen o Tai Chi) per essere più produttivi! Lo yoga, invece, è un insieme di pratiche fisiche e mentali derivato dall'induismo e poi ereditato da altre fedi nate nel Subcontinente indiano, tipo jainismo, sikhismo e buddismo. Il buddismo, che dà grande importanza alla meditazione, lo ha diffuso anche fuori dall'India, verso la Cina, la Corea, il Sud-Est asiatico e il Giappone

 La parola yoga viene dal sanscrito e in origine voleva dire "giogo" o "aggiogare". Per esempio, c'è un brano nei Rig-Veda, i più antichi testi indù, datati tra XX secolo e il XV secolo a.C., in cui si dice: "aggiogare sé stesso come un cavallo disposto ad obbedire". In testi successivi, le Upanishad, la parola assunse il significato di "unione". Per gli indù, lo scopo dello yoga e, più in generale, di tutta la vita è prendere il controllo del proprio corpo e della propria mente per raggiungere l'unione con il Divino, concepito come il Brahaman, il Sé universale, contrapposto all'Atman, l'io individuale. Tutte i moltissimi dei venerati dagli indù non sono che diverse manifestazioni del Brahaman. Pure il sikhismo, che a differenza dell'induismo è monoteista, considera Dio un'entità impersonale con il quale i singoli esseri vanno a fondersi. I Jaina credono invece che gli umani stessi divengano divini con l'ascesi e l'abnegazione, mentre i buddisti non danno peso alle divinità e cercano il Nirvana, uno stato al di là della gioia e del dolore. In ogni caso, per tutte queste religioni lo yoga serve ad uscire dal Samsara, il ciclo continuo di morti e rinascite per entrare nel Moksha, la liberazione.

In uno dei più importanti libri sacri dell'induismo, la Bahagavad-Gita, il dio Vishnu, assunto l'aspetto umano del cocchiere Krishna, spiega che esistono almeno quattro tipi di yoga:

  • Karma Yoga: la via dell'azione sacralizzata, l'agire disinteressato, compiendo il proprio dovere senza pensare alle conseguenze positive o negative che ciò possa avere. 
  • Jnana Yoga: la via della conoscenza spirituale, il cercare la verità metafisica dell'esistenza dietro le apparenze.
  • Bhakti Yoga: la via della devozione e dell'amore verso una divinità o anche solo verso un maestro spirituale.
  • Dhyana Yoga: generalmente viene intesa come via della "meditazione". In realtà il termine Dhyana in sanscrito si può tradurre anche come "contemplazione", esattamente lo stesso significato del greco Theoria. Si abbatte la divisione tra chi guarda e ciò che viene guardato, come nello Zen.
L'induismo, in aggiunta, riconosce molte altre vie per raggiungere l'unione con il Divino. Addirittura, ci sono stati maestri indù, quali Shri Ramakrishna e Vivekananda, che consideravano ogni religione una via valida. Oggi, forse, le cose sono cambiate con il diffondersi del movimento fondamentalista-nazionalista dell'Hindutva (indianità), il  quale si scaglia ferocemente contro cristiani e musulmani (ma il più famoso monumento dell'India, il Taj Mahal, è stato costruito da un re islamico).

Somiglianze e differenze

La sillaba "Om", usata come Mantra,  è divenuta il simbolo dell'induismo



Immediatamente scopriamo che una differenza tra lo yoga e l'esicasmo è nello scopo. Per un cristiano non ci sono altre vite terrene dopo la morte, ma solo la possibilità di un giudizio di salvezza o condanna. In più, Dio è considerato un essere personale, anzi un essere che si è incarnato in una persona umana, Gesù di Nazareth.

Nonostante ciò, ci sono somiglianze nella pratica: tanto gli yogi che gli esicasti ripetono continuamente una frase che li aiuta a concentrare la loro mente: per i primi è il Mantra, per i secondi la Preghiera di Gesù. Solo che, mentre il Mantra è considerato una frase sacra in sé stessa e, quindi, immodificabile (es. se è in sanscrito non può essere tradotta in altre lingue), la Preghiera di Gesù è sacra per il suo significato e, quindi, può essere abbreviata, allungata o modificata. Anche solo dire "Vieni, Signore" o "Signore, pietà" va bene lo stesso. Non importa neanche che si usi il latino, il greco, l'italiano o qualsiasi altra lingua.

Tuttavia, sia gli yogi, sia gli esicasti cercano di adeguare lo loro respirazione e persino il loro battito cardiaco alla recitazione delle loro invocazioni. Quindi, yoga ed esicasmo hanno in comune l'essere una pratica psico-fisica, ossia che unisce il corpo, la mente e lo spirito. Senza contare che le quattro vie esposte da Krishna nella Bahagavad-Ghita potrebbero essere sottoscritte anche dai praticanti dell'esicasmo.

Io non prendo posizione se sia meglio l'uno o l'altro. Ognuno deve scegliere sulla base della sua personalità e sul percorso che sta seguendo, semplicemente ho voluto fare alcune puntualizzazioni su queste due affascinanti scuole spirituali.

domenica 20 giugno 2021

Perché Gesù?


I molti volti di Gesù


Iniziamo qui la carrellata dei tre personaggi che io considero miei maestri. Il primo è Gesù il Nazareno o Gesù Cristo, se preferite. Chiariamo subito due questioni: 1) il fatto che non ci siano racconti contemporanei alla vita di Gesù non significa che non sia esistito. In fondo, anche le fonti più antiche sulla vita di Alessandro Magno sono di due secoli dopo la sua morte e, inoltre, sono zeppe di elementi mitici (lui che taglia il nodo gordiano, che doma il cavallo Bucefalo, eccetera). 2) è improbabile che il vero creatore del cristianesimo sia stato Paolo di Tarso (San Paolo per i credenti), visto che anche di quest'ultimo come di Gesù abbiamo informazioni solo tramite le Sacre Scritture e persino le Lettere che gli sono attribuite non è detto che siano opera sua, o per lo meno non tutte e non per intero.

In ogni caso, devo fare presente che le informazioni biografiche su Cristo contengono molte divergenze, poiché a narrarci della sua vita sono differenti Vangeli: Marco è il più breve e forse il più antico; Matteo si rivolge prevalentemente agli ebrei e cerca in ogni modo di dimostrare che Gesù è veramente il Messia annunciato dai profeti; Luca ha un'ottica più sociale e, non a caso, viene citato persino da Charlie Chaplin nel suo capolavoro Il Grande Dittatore; Giovanni è forse il Vangelo più mistico, in cui più degli altri si cerca di sottolineare la divinità del suo protagonista, ma, per contraltare, è anche il Vangelo dell'amicizia che insiste sul rapporto speciale tra Cristo e i discepoli. Oltre a questi che sono i testi canonici, riconosciuti da tutte le Chiese, esistono i Vangeli apocrifi: tra i molti, Il Vangelo di Tommaso, in cui Gesù viene presentato come un asceta in contrasto con ogni forma di religione organizzata (elemento su cui torneremo); i numerosi Vangeli dell'Infanzia che spesso contengono elementi entrati anche nella tradizione popolare, tipo la presenza di un bue e un asino a scaldare col loro fiato Gesù Bambino; esiste persino un Vangelo di Barnaba che è molto apprezzato dagli islamici, siccome, in esso, Gesù nega esplicitamente di essere Figlio di Dio e annuncia la venuta di Maometto.

Dal confronto fra i vari Vangeli, tuttavia, possiamo ricavare anche alcune elementi comuni sulla vita di Gesù: 

  • I  suoi genitori si chiamavano Giuseppe e Maria, ed erano di condizione modesta.
  • Proveniva dal villaggio di Nazareth, in Galilea.
  • In un primo momento, aderì ai seguaci di un predicatore itinerante, Giovanni il Battista.
  • In seguito, si distaccò da Giovanni per intraprendere a sua volta la predicazione.
  • Attorno a lui si formò un gruppo di discepoli.
  • Il suo insegnamento lo portò in contrasto con le autorità religiose ebraiche.
  • Queste ultime lo fecero condannare a morte dai romani per crocifissione.
  • Dopo alcuni giorni dall'esecuzione, la sua tomba venne trovata vuota.
Abbiamo anche informazioni sul suo insegnamento. Semplificando molto, si può dire che Gesù ebbe un forte rapporto personale con Dio, che considerava un Padre buono e amorevole. Questa sua esperienza interiore contrastava però con la constatazione che nel mondo sono presenti il male, la sofferenza, la morte e soprattutto l'ingiustizia. Gesù insegnò quindi che sarebbe venuto un "Regno di Dio" in cui l'umanità sarebbe stata liberata dal male. Questa idea era già presente nella tradizione ebraica a cui il Nazareno apparteneva: ancora oggi gli ebrei attendono più ancora che il Messia (considerato da loro un inviato di Dio ma non Dio a sua volta), l'arrivo di un'Era Messicana nella quale finirà tutto ciò che c'è di negativo nell'esistenza. La novità di Gesù è quella di dire che quest'Era è già arrivata, ma gli uomini e le donne dovevano collaborare con Dio per realizzare già nel presente il Suo Regno. Per lui, non si trattava dunque di una realtà trascendente, situata in chissà quale altra dimensione, come sarà in tanto cristianesimo successivo. 
Sotto questo punto di vista, non è sbagliato considerare Gesù un Messia "politico", stando bene attenti però al fatto che al Nazareno prendere personalmente il potere su questa Terra non interessava, gli bastava indirizzare le persone a vivere come lui un'esperienza trasformante con Dio. Questa trasformazione avrebbe permesso di cambiare il loro modo di vivere e quindi anche la realtà circostante. Infatti, non solo prometteva ai suoi seguaci "lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome" (Giovanni 14,26), ma affermava che essi "faranno cose più grandi di quelle che ho fatto io" (Gv 14,12).
Non entro qui nel merito se le Chiese cristiane siano state o meno all'altezza di quanto Gesù Cristo ha insegnato, poiché sto già pensando ad un post specifico sull'argomento. Invece, voglio soffermarmi su un'altra domanda: qual era il rapporto di Cristo con la religione organizzata? Di sicuro non è solo nell'apocrifo Vangelo di Tommaso che vediamo il Nazareno scontrarsi con le istituzioni religiose ufficiali e le loro regole. Anche nei testi canonici, Gesù compie guarigioni di sabato, infrangendo il riposo assoluto voluto dalla Legge di Mosè, non esita ad incontrarsi con pagani, meretrici e pubblici peccatori, e mangia con loro, divenendo così ritualmente impuro sempre per la Legge mosaica. Inoltre, la vicenda della cacciata dei mercanti dal Tempio di Gerusalemme non è solo un attacco alle speculazioni dei sommi sacerdoti, ma anche un'infrazione di alcune pratiche religiose comuni: i mercanti, in questione, erano infatti cambiavalute e venditori di colombe o, più in generale, di bestiame. I primi erano lì perché i fedeli potevano voler lasciare offerte in denaro, come oggi si fa nelle chiese, ma la moneta romana con il viso dell'imperatore non poteva entrare in un luogo santo  giudaico e doveva venire sostituita con una moneta "sacra", coniata appositamente. I secondi erano invece legati ai sacrifici di animali che si compivano nel Tempio: i ricchi sacrificavano pecore e buoi, i poveri colombe. Eppure, Gesù era per altri versi un ebreo osservante che citava le Sacre Scritture, frequentava le sinagoghe,  partecipava alle varie festività, a chi gli chiedeva come essere salvato, indicava per prima cosa l'osservanza dei comandamenti (Marco 10,17-19). 

Gesù e la samaritana



Secondo me, una possibile spiegazione di questo apparente paradosso si trova nel capitolo quarto del Vangelo di Giovanni, ossia nel dialogo tra Gesù e una donna samaritana. I samaritani erano considerati degli ebrei eretici, essenzialmente perché seguivano una forma più arcaica della religione israelitica: non riconoscevano il Tempio di Gerusalemme, perché i patriarchi non avevano un tempio stabile, ma offrivano i loro sacrifici su altari di pietra realizzati in cima ai montagne (i samaritani avranno per un certo periodo un loro Tempio sul monte Garizim); accettavano come unico testo sacro la Torah, ovvero i primi cinque libri della Bibbia; venivano per giunta accusati di adorare altri cinque dei oltre al Dio d'Israele. Quest'ultima accusa sembra infondata, però forse ne rimane traccia anche nel brano evangelico qui trattato, visto che Gesù dice alla donna "Hai avuto cinque mariti e quello con cui vivi ora non è tuo marito". In ogni caso, la fede in un Dio unico era arrivata tra gli ebrei molto più tardi di quanto immaginiamo, quindi può darsi che persino in questo i samaritani fossero più fedeli ai patriarchi degli altri israeliti.
Ad un certo punto, la donna chiede a Gesù se bisogna adorare Dio a Gerusalemme, come facevano i giudei, o sul Garizim, come è abitudine dei samaritani. Gesù le risponde che "La salvezza viene dai giudei", ma verrà un giorno in cui "né su questo monte, né a Gerusalemme si adorerà Dio. Dio è Spirito e va adorato in Spirito e Verità". In pratica, Gesù riconosce una sua affiliazione alla fede della maggior parte degli ebrei, fossero essi sadducei, farisei, zeloti o altro. Allo stesso tempo, però, superava questa divisione confessionale tra loro e i samaritani, dicendo che Dio è Spirito, quindi qualcosa di oltre tutte le definizioni possibili.  Può darsi che anche i contrasti avuti con i farisei si riconducono a questo: i farisei, infatti, erano coloro che riconoscevano le scritture profetiche e quindi credevano in cose come il Messia, il giudizio dopo la morte e la Resurrezione della carne. Anche Gesù predicava tutto questo, eppure il Nazareno polemizzava continuamente con i farisei, perché a questi ultimi mancava forse una visione apofatica (cioè non concettuale) di Dio, volendo invece imprigionarLo nelle loro regole, riti e concetti. Sotto questo punto di vista, mi riconosco pienamente nell'insegnamento di Gesù Cristo e non esito a definirmi cristiano.

Crocifissione "cosmica" di Salvador Dalì


Christian Universalism - a profession of faith (English version)

All the following sentences are not dogmas or revelated Thruths, but only my personal opinions. God is neither male, nor female, but He/She ...