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martedì 6 settembre 2022

Domande frequenti sulla mistica



Cos'è la mistica?

Difficile rispondere a questa domanda. Sono state formulate mille definizioni della parola "mistica", ma la più convincente, almeno secondo me, è "la disciplina che mira ad un contatto diretto con il Trascendente".

La mistica e la religione sono la stessa cosa?

Se mi permettete la battuta, la mistica è un po' la religione 2.0, deriva dalla religione, ma ne supera i confini. In genere i mistici sono coloro che non si accontentano di una adesione solo formale a concetti, riti e norme di comportamento. Sono coloro che vanno più a fondo, in alcuni casi intraprendendo una vita di tipo ascetico, altri elebarando pratiche di meditazione.

Come è nata la mistica?

Esiste una teoria molto diffusa fra gli studiosi, in cui si ritiene che, in un primo momento, l'umanità ha considerato tutto l'universo come qualcosa di sacro e divino, poi, con la nascita delle religioni organizzate è avvenuta una scissione: il Creatore è divenuto qualcosa di "altro" rispetto alla creazione. La mistica sarebbe un terzo passaggio, in cui si cerca di ricostruire l'unità perduta Creatore-creature. Io, tuttavia, mi permetto di suggerire un'altra interpretazione: le prime divinità venerate dagli esseri umani erano tutt'altro che buone o sagge. Nei più antichi Vedi (i testi sacri indù) si legge che Indra, il dio del tuono, non faceva che combattere ed ubriacarsi  fino a non potersi più reggere in piedi. Nella mitologia greca Zeus tradiva continuamente la moglie Hera, inoltre per diventare signore dell'Olimpo aveva ucciso suo padre Cronos. Anche il Dio ebraico ordinava al suo popolo guerre e stragi con ben poca misericordia per i nemici. Questa è "l'infanzia della religione", poi è arrivata "l'adolescenza", in cui si è cominciato a credere in un Dio che rappresenta la morale, poteva essere un Dio unico, come quello degli ebrei, o semplicemente una divinità più potente di tutte le altre. Solo che tutti ci rendiamo conto che non sempre i casi della vita sono governati dalla morale. Non c'è essere umano che non si sia mai chiesto perché un Dio buono permette tante cose malvage. A questo punto l'umanità è entrata nella sua fase adulta: qualcuna ha rigettato in blocco la religione, divenendo ateo, qualcun altro ha cominciato a cercare il Divino non più nel mondo esterno bensì in quello interiore. Questi ultimi sono i mistici.

I mistici sono sempre anarchici, in contrasti con la religione "ufficiale"?

Non è sempre così. Certo, restando da noi in Occidente, abbiamo avuto i casi di Margherita Poreto e Giordano Bruno che sono finiti vittime dell'Inquisizione. D'altra parte dobbiamo anche notare la stima che, per esempio, i papi cattolici hanno avuto nei confronti di mistici, quali Francesco d'Assisi, Domenico di Guzman e Caterina da Siena, e soprattutto quest'ultima era una donna ribelle che non si faceva problemi ad usare un linguaggio duro con lo stesso pontefice

La mistica è qualcosa di esoterico, riservato a pochi iniziati?

Anche in questo caso non è sempre così, dipende dalle diverse scuole mistiche di cui stiamo parlando. Di sicuro la Qabbalah ebraica è forse la scuola più esoterica. Per secoli è rimasta chiusa in ristretti circoli di rabbini, i quali si impegnavano a non divulgarne i segreti. Solo il movimento chassidico (o hasidico), nato nell'Europa dell'Est nel '700, ha cercato di rendere alcuni aspetti della Qabbalah alla portata della gente comune. L'estremo opposto è forse la contemplazione cristiana: l'unica iniziazione richiesta è il battesimo e, anche se è stata coltivata soprattutto nei monasteri, non si è mai impedito ai laici di praticarla.

Per intraprendere un cammino mistico è necessario credere in una o più divinità?

Se da un lato tutte le tradizioni spirituali credono l'esistenza di qualcosa del Trascendente, di un "altro" rispetto alle nostre percezioni sensoriali, dall'altro lato non tutte lo descrivono nello stesso modo. Diciamo che in Europa e nel Mediterraneo si tende a vedere il Divino come un "qualcuno", nelle culture dell'Estremo Oriente lo si percepisce più come un "qualcosa". L'India è quasi una via di mezzo tra queste due concezioni: all'interno dell'induismo esistono sia scuole di pensiero teiste, che credono in una Divinità personale, come avviene in Occidente, sia altre non teiste che credono in un Divino impersonale.

E' vero che i mistici sviluppano poteri paranormali?

Ci sono testimonianze, non si sa fino a che punto attendibili, su mistici capaci di compiere guarigioni miracolose, di leggere nel pensiero, levitare, predire eventi futuri e molto altro, tuttavia i maestri spirituali cono concordi nell'affermare che questi sono come degli "effetti collaterali". Lo scopo che si prefigge un mistico non è quello di diventare una sorta di supereroe e chi si accosta alla spiritualità in cerca del miracoloso o dell'eccezione rischia facilmente di perdersi.

Qual è allora lo scopo del cammino spirituale?

Ogni essere umano ha quattro dimensioni: il rapporto con sé stesso, con gli altri, con la natura e con il Trascendente. L'intraprendere un percorso mistico, qualunque esso sia, intende creare un giusto equilibrio fra tutti questi rapporti e trasformarli in una comunione universale. Dio, l'umanità e il mondo ci appaiono come compartimenti stagni, ma possiamo scoprire che sono in realtà vasi comunicanti in contatto l'uno con l'altro.

venerdì 3 settembre 2021

Meditazione e mistica. Come orientarsi?

Avevo già scritto un post tempo fa su quanto sia difficile definire cosa sia una religione, visto che persino la credenza in una o più divinità ed in una vita oltre la morte non sono elementi presenti in tutte quelle che noi oggi definiamo come religioni. Inoltre ognuna di esse tende a dividersi al suo interno in più confessioni, le quali, a volte ma non sempre, si combattono tra loro.

Un mandala tibetano

Calligrafia araba con il Nome di Allah


Tralasciando tutte questi dilemmi, nonché le polemiche da essi suscitati, possiamo ugualmente affermare che in tutte le Chiese cristiane ed in tutte le grandi religioni è presente una mistica, intesa come una ricerca dell'Assoluto. Certo, l'immagine che si dà a questo Assoluto cambia: per cristianesimo, Islam ed ebraismo si tratta della Comunione con un Dio personale. Per induismo e sikhismo (nonostante il primo sia politeistico ed il secondo monoteistico) l'unità ricercata è quella con una Divinità impersonale, quindi più che di Comunione, in cui ognuno rimane sé stesso, si deve parlare di Fusione, nella quale si perde la propria identità . I buddisti, invece, cercano l'Illuminazione, gli shintoisti giapponesi la Purificazione, ecc. Nonostante ciò, i mezzi, che i mistici di tutte le religioni usano nel loro cammino, appaiono incredibilmente simili.

Il Nome di Dio in ebraico (si legge alla rovescia)



Chiarisco subito che la via mistica non è un sistema per ottenere poteri magici o paranormali. Sebbene ammetto che eventi inspiegabili possano anche accadere, ma non sono essi il fine. Non è nemmeno così strettamente necessario separarsi dagli altri esseri umani, per condurre un'esistenza da asceti in mezzo al deserto o sul cucuzzolo di una montagna, anche se per alcuni individui possa essere questa la strada migliore da percorrere nella propria vita. Non serve nemmeno un rito di iniziazione, come credeva René Guénon, un pensatore per altri versi interessante, ma che aveva una sorta di ossessione per tutto ciò che era esoterico, ossia riservato a pochi. Caso mai può essere utile per un serio cannino spirituale trovarsi un maestre e/o fare parte di una comunità. In tal caso esistono comunità che hanno un'impostazione iniziatica ed accettano solo pochi membri selezionati (es. i cabalisti ebrei o i Sufi musulmani). In genere, però, la mistica è un cammino aperto a tutti, uomini e donne di qualunque ceto sociale, lingua, cultura, nazionalità ed orientamento sessuale, poiché non è nient'altro che la spiritualità già dimorante in ciascuno di noi. Il nostro compito è solo quello di coltivarla e farla crescere. 

A questo punto sorge spontanea una domanda: come coltivare la propria spiritualità? Uno dei testi più importanti dell'induismo, la Bhavagad-Gita, raccoglie un dialogo tra Krishna, un avatar del dio Vishnu, e il principe Arjuna. Il dio insegna a questi quattro percorsi che un uomo può seguire per raggiungere l'elevazione spirituale, pur precisando che ne esistono anche altri. Essi sono:

  • Karma Yoga: la via dell'azione sacralizzata, l'agire disinteressato, compiendo il proprio dovere senza pensare alle conseguenze positive o negative che ciò possa avere. Penso che la Chiesa cattolica, pur avendo molto colpe, abbia sfornato molti "mistici d'azione" che hanno seguito questa strada, per esempio Caterina da Siena, Brigida di Svezia, don Milani e Oscar Romero.
  • Jnana Yoga: la via della conoscenza spirituale, il cercare la verità metafisica dell'esistenza dietro le apparenze. Si tratta del percorso seguito da tutti i filosofi e i teologi: da Socrate a Tommaso d'Aquino, dal rabbino ebreo Maimonide agli islamici Ibn-Arabi e Sohravardi.
  • Bhakti Yoga: la via della devozione e dell'amore verso una divinità o anche solo verso un maestro spirituale. È forse la strada più percorsa dai fedeli di un po' tutte le religioni. 
  • Dhyana Yoga: generalmente viene intesa come via della "meditazione". In realtà il termine Dhyana in sanscrito si può tradurre anche come "contemplazione". Nella tradizione cristiana il termine "contemplazione" è molto più usato per intendere il calarsi nel proprio intimo, andando oltre tutti i concetti (apofatismo), mentre con "meditazione" si intende una riflessione ancora legata alla ragione e ai concetti (catafatismo).
San Mosé l'Etiope medita davanti un'icona


In questo post voglio concentrarmi soprattutto sul Dhyana Yoga o, come lo chiamo io, la via apofatica. Ci sono differenti metodi per raggiungere lo stato di contemplazione/meditazione. Ne elenco i principali:

  • concentrarsi su una parola o una frase. È la pratica del mantra, presente nelle religioni del Subcontinente indiano (induismo, buddismo, jainismo, sikhismo), ma ha un parallelo nella Preghiera di Gesù o esicasmo cristiano e nel Dhikr musulmano.
  • concentrarsi su un'immagine. L'esempio tipico sono i mandala buddisti, ma anche il culto dell'icona presente nelle Chiese ortodosse è molto simile. Tra gli ebrei e i musulmani c'è chi si concentra su una parola della Scrittura, sulla sua grafia in ebraico o in arabo (considerate lingue sacre di per sé stesse). In particolare molti rabbini cabalisti meditano sul Nome di Dio, il tetragramma JHWH.
  • concentrarsi su un'idea, non più quindi su un'immagine fisica ma su un'immagine mentale.
  • preghiera spontanea. Molto più difficile di quanto non si creda. Bisognerebbe riuscire a mantenersi sempre sullo stesso argomento o, per meglio dire su un solo gruppo di idee collegate fra loro. Io per primo ho difficoltà a praticare questo metodo.
  • immobilità mentale. È una tecnica molto elevata e difficile da raggiungere. L'esempio più significativo è lo Zen, una pratica buddista predicata in Cina dal monaco indiano Bodidharma, ma oggi diffusa soprattutto in Giappone, che prevede l'immobilità totale sia del corpo che del pensiero, sino ad arrivare ad uno stato chiamato Zazen.

domenica 6 giugno 2021

Preghiera pagana e socratica


 


O caro Pan, e voi tutti altri dei presenti in questo luogo, concedetemi di diventare bello dentro e che tutto ciò che ho di fuori sia in accordo con quello che ho dentro [...] che io possa considerare ricco il sapiente e che io possa avere una quantità di oro quale nessun altro potrebbe né prendersi, né portare via, se non il temperante.

 (Preghiera attribuita a Socrate)

martedì 1 giugno 2021

Che cos'è una religione?




Questa è la classica domanda da un milione di dollari. In genere si pensa che le religioni siano la credenza in una o più divinità, eppure il buddismo e il confucianesimo, per lo meno nella loro forma originaria, non davano importanza all'esistenza degli dei. Ad un discepolo che gli poneva domande su questo argomento, Buddha rispose paragonando tale allievo ad un uomo trafitto da una freccia che, anziché cercare di estrarla, stesse a domandarsi chi l'ha costruita.

Altri potrebbero considerare la religione come la fede in una vita dopo la morte, ma persino gli antichi ebrei, prima dell'avvento del fariseismo, sembravano non avere un'idea precisa su una vita ultraterrena. Ancora al tempo di Gesù, i sadducei, la confessione ebraica a cui appartenevano i sommi sacerdoti, riteneva non ci fosse niente dopo la morte. L'importante era seguire in questa esistenza terrena la Torah, la Legge data da Jahweh a Mosè, per ottenerne una ricompensa immediata in ricchezza, salute, gioia e longevità. Invece, povertà, sofferenza e malattie erano riservati a chi trasgrediva i comandamenti.

Se esaminiamo l'etimologia della parola “religione”, essa viene dal latino religio, che si può tradurre con “rileggere”. In fondo quando si rilegge un testo scritto, lo si approfondisce, ma religio significa anche “raccogliere” una tradizione o ancora “rilegare insieme” qualcosa. Tutti e tre queste accezioni ci dicono qualcosa su cosa sia una religione, però esiste una complicazione: nei testi degli antichi romani si parlava di religio civilis, religione civile. Per noi oggi sarebbe una contraddizione in termini, eppure nell'Antica Roma la devozione agli dei era una delle tante usanze che garantivano la coesione dello Stato. Per questo motivo, in diversi momenti della storia antica gli ebrei e i cristiani venivano visti come dei “sovversivi” da perseguitare. Anzi, erano a volte accusati anche di “ateismo”, perché non credevano agli dei di Roma.

Uscendo dal ristretto ambito della cultura latina, scopriamo che in greco “religione” si dice therapeia, parola da cui deriva il nostro “terapia” e che vuol dire “cura”. In cinese, invece, per designare la religione si usa il termine jiao, “insegnamento” tramandato da un maestro ai suoi discepoli.

Diciamo che tutte queste differenti parole mettono in luce diversi aspetti di un'unica realtà: la religione è quella tradizione che unisce, insegna, spinge a riflettere e ci aiuta a prenderci cura di noi stessi, degli altri, della divinità e del mondo circostante. So che è una definizione un po' lunga, ma a me personalmente sembra l'unica davvero esauriente. Grazie ad essa, inoltre, diventa poco rilevante la distinzione che si di solito tra religione e filosofia. In fondo, soprattutto filosofi greci erano qualcosa di più che semplici insegnanti accademici. Il filosofo era infatti “l'amico della sapienza”, che si occupava di tutta l'esistenza, dallo studio delle leggi naturali a quelle dei rapporti umani, fino alle domande ultime: “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?” Forse non è un caso che il primo scritto che Platone dedica al suo maestro Socrate vede quest'ultimo discutere con un sacerdote sugli dei. Se aggiungiamo che sempre Platone ha infarcito i suoi scritti di narrazioni mitiche (la più famosa è quella su Atlantid) e che Pitagora ha organizzato i suoi seguaci come una setta esoterica a cui si accedeva con un'iniziazione, il confine tra religione e filosofia diventa sempre più sottile.

L'unica vera questione aperta è se serva ancora al giorno d'oggi seguire una religione. Persino molti sacerdoti cattolici citano sempre più spesso la frase del teologo luterano Karl Barth: “Bisogna distinguere la religione dalla fede”. Per fede si intende quello che più comunemente chiamiamo spiritualità, ossia un'esperienza interiore. La religione sarebbe solo il corollario di concetti, riti e istituzioni che circonda la spiritualità, ma che non è indispensabile per essa. Ciò nonostante, milioni di uomini e donne ancora vivono secondo i dettami di una religione. Forse per capire meglio la questione dovremmo partire dalla base: perché le persone credono?

Mi viene in mente il film Dellamorte Dellamore di Michele Soavi, tratto dal libro omonimo di Tiziano Sclavi. Nel finale, il protagonista scopre che, al di fuori del piccolo paesino di provincia in cui vive, non esiste nient'altro, il resto del pianeta è disabitato. Per questo tutta la sua vita e persino il suo grande amore per una donna perdono di significato. Siamo un po' tutti così, circondati da un grande nulla che vorremmo in qualche modo riempire.


Secondo me, il merito delle grandi religione è stato quello di averci dato uomini, come Gesù, Mosè, Buddha, Confucio, Muhammad, eccetera, che hanno cercato di riempire il nulla. Se siano tutti realmente esistiti o meno, se elementi sovrannaturali o miracolosi nelle loro vite siano da prendere alla lettera o da considerare delle metafore, non so dirlo, ma almeno possono darci dei consigli per migliorare noi stessi ed in questo modo cambiare anche la realtà circostante.





Christian Universalism - a profession of faith (English version)

All the following sentences are not dogmas or revelated Thruths, but only my personal opinions. God is neither male, nor female, but He/She ...