L'esicasta Isacco di Ninive |
Ultimamente capita spesso di leggere articoli in rete che parlano dell'esicasmo come di una forma di yoga o di meditazione trascendentale. Il primo a scrivere un saggio dal titolo Esicasmo: Yoga Cristiano fu Anthony Bloom, un vescovo ortodosso russo espatriato in Occidente (il suo nome di battesimo era Andrej Borisovic Blum) e potete leggerlo a questo link.
La preghiera esicasta, infatti, è parte della spiritualità delle Chiese cristiane ortodosse, ed è presente sia tra quelle di tradizione duofisita (i greci e gli slavi), che riconoscono l'umanità e la divinità di Cristo come due nature distinte, sia tra quelle miafisite (i copti, i siriaci e gli armeni) che le considerano un'unica natura. Persino la Chiesa assira d'Oriente, che è separata da entrambi i rami dell'ortodossia, ha una sua tradizione di esicasmo, incarnata dal mistico medievale Isacco di Ninive, venerato da tutti gli ortodossi col nome di Sant'Isacco il Siro.
In Occidente, l'esicasmo ha cominciato ad essere conosciuto solo nel secondo Dopoguerra, in parte tramite quei religiosi ortodossi che fuggivano dal comunismo, come il sopracitato Bloom, in parte grazie a occidentali convertiti, per esempio Olivier Clément in Francia e Kallistos Ware in Inghilterra. In questo modo, la preghiera esicasta è divenuta trasversale a tutte le Chiese cristiane, tanto che anche l'anglicano Rowan Williams, arcivescovo emerito di Canterbury, la pratica, così pure il cattolico Enzo Bianchi, fondatore del Monastero di Bose.
Cos'è l'esicasmo?
San Gregorio Palamas |
Il termine "esicasmo" viene dal greco Esichia, che significa silenzio o quiete. Molti esicasti ritengono che la loro pratica, legata alla ripetizione di una breve invocazione contenente il nome di Gesù, sia stata insegnata da Cristo stesso ai suoi Apostoli. Nei Vangeli, però, non c'è traccia di questo evento. L'unica preghiera insegnata da Gesù sarebbe il Padre Nostro, tuttavia Cristo dice ugualmente cose importanti su come si prega. In primis che non bisogna "sprecare parole come i pagani" (Matteo 6,7) e subito dopo: "Tu, invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Matteo 6,6). Da notare che, a quei tempi, ben pochi potevano avere una stanza tutta per loro. La stanza in cui chiudersi per adorare Dio sarebbe dunque quella interiore, il proprio cuore, nel quale gli antichi vedevano non tanto la sede dei sentimenti, quanto il centro di tutta la persona. Se a ciò aggiungiamo la frase di San Paolo "Occorre pregare sempre", si capisce la necessità per i cristiani di elaborare un metodo per mantenersi sempre in uno stato di preghiera interiore.
L'esicasmo nasce così attorno al IV secolo d.C. tra i Padri e le Madri del Deserto, ossia i primi monaci e monache cristiani, presenti tra Egitto, Siria e Palestina. In particolare, il metodo va definendosi nel Sinai, dove vengono redatti alcuni grandi testi spirituali, quale La Scala del Paradiso (o Scala delle Virtù) di San Giovanni Climaco, molto conosciuta e stimata pure dai cattolici romani. In seguito, l'esicasmo raggiunge il Monte Athos, in Grecia, forse anche grazie all'arrivo lì di San Gregorio il Sinaita dall'Egitto. Qui viene elaborata la cosiddetta Preghiera di Gesù, "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore" che va a sostituire l'invocazione usata dai Padri del Deserto, "Vieni, Signore, in mio aiuto. Vieni presto in mio aiuto".
Nel XIV secolo scoppia una controversia contro gli esicasti a causa di un filosofo, Barlaam il Calabro (che oggi sarebbe considerato un italiano). Non sono giunti a noi scritti di questo autore, ma sembra accusasse i monaci del Monte Athos di non venerare veramente Dio ma solo il loro ombelico! Per Barlaam, a quanto sembra, era impossibile entrare in contatto diretto con Dio, tutt'al più si poteva discutere di lui in ambito filosofico-dottrinale. A difesa degli esicasti scrisse invece San Gregorio Palamas, che dette un'inquadramento teologico all'esicasmo: Palamas distinse tra l'essenza di Dio, che resta inconoscibile alle sue creature, e le energie divine, che, invece, compenetrano la natura creata, umanità compresa. Proprio le energie di Dio possono essere percepite dagli esseri umani mediante l'ascesi e la preghiera. La Chiesa ortodossa fece propria la dottrina di Palamas e l'esicasmo si diffuse nei paesi slavi, in cui l'ortodossia si era diffusa.
Un altro passaggio importante fu la pubblicazione a Venezia nel 1782 della Filocalia (in greco "amore per la bellezza"), una raccolta di testi di tutti i grandi esicasti, redatta dal monaco Nicodemo dell'Athos e dal vescovo Macario di Corinto. Questa antologia conobbe poi altre edizioni in slavone, russo e rumeno, dove spesso si toglievano alcuni scritti o se ne aggiungevano di nuovi. In ogni caso gli esicasti potevano contare su un'esaustiva guida per il loro percorso spirituale, il quale si articolava in tre tappe:
- Praxis (la pratica): con l'aiuto della Preghiera di Gesù il mistico cerca di spegnere quelle passioni negative come l'avidità, la superbia, la lussuria, l'ira, ma anche la paura, la tristezza, l'ossessione per la morte, la quale in parte spaventa ed in parte attrae.
- Theoria Physiche (la contemplazione della natura): l'esicasta comincia a riconoscere le energie divine nel mondo circostante, umano e naturale. Si potrebbe paragonare tale tappa allo stato in cui San Francesco, in Occidente, componeva il Cantico delle Creature, oppure alla leggenda dal sapore Zen in cui un monaco, osservando la neve che cadeva, "comprese la neve".
- Theoria vera e propria (contemplazione di Dio), : non è chiaro se l'esicasta raggiunga questo stato durante la vita terrena o dopo la morte. L'asceta è completamente travolto dalla visione beatifica di Dio. Da alcuni la Theoria è detta anche Theosis (divinizzazione), ma non tutti concordano se il termine vada preso alla lettera, con l'uomo che diventa Dio, o in senso metaforico, ossia l'uomo è semplicemente reso simile a Dio, poiché partecipe della Sua grazia.
L'esicasmo non è una conoscenza esoterica da tenere nascosta alla masse, ma è ugualmente un percorso ascetico che, forse non tutti sono in grado di seguire. Gli esicasti affiancano la Preghiera di Gesù con l'osservanza dei comandamenti, la partecipazione all'Eucarestia e agli altri sacramenti, la lettura delle Scritture, la penitenza, i digiuni, le vegli notturne e le opere di carità. Ad ogni modo, chiunque può provare a recitare la Preghiera di Gesù, cercando di regolarla sul proprio respiro e concentrando la mente solo su di essa, lasciando defluire tutti gli altri pensieri. Ciò conduce col tempo ad un senso di pace interiore e, magari, fare quell'esperienza di meditazione profonda, chiamata "preghiera del cuore".
Cos'è lo yoga?
Nella Bahagvad-Ghita, il divino Krishna dà alcune spiegazioni sullo yoga |
Diciamo subito che lo yoga è qualcosa di molto più complesso di una semplice ginnastica. Non è nemmeno unicamente un metodo per rilassarsi. Queste sono banalizzazioni che ne abbiamo fatto noi occidentali, al punto che, in alcune multinazionali, si consiglia ai manager di praticare yoga (oppure Zen o Tai Chi) per essere più produttivi! Lo yoga, invece, è un insieme di pratiche fisiche e mentali derivato dall'induismo e poi ereditato da altre fedi nate nel Subcontinente indiano, tipo jainismo, sikhismo e buddismo. Il buddismo, che dà grande importanza alla meditazione, lo ha diffuso anche fuori dall'India, verso la Cina, la Corea, il Sud-Est asiatico e il Giappone
La parola yoga viene dal sanscrito e in origine voleva dire "giogo" o "aggiogare". Per esempio, c'è un brano nei Rig-Veda, i più antichi testi indù, datati tra XX secolo e il XV secolo a.C., in cui si dice: "aggiogare sé stesso come un cavallo disposto ad obbedire". In testi successivi, le Upanishad, la parola assunse il significato di "unione". Per gli indù, lo scopo dello yoga e, più in generale, di tutta la vita è prendere il controllo del proprio corpo e della propria mente per raggiungere l'unione con il Divino, concepito come il Brahaman, il Sé universale, contrapposto all'Atman, l'io individuale. Tutte i moltissimi dei venerati dagli indù non sono che diverse manifestazioni del Brahaman. Pure il sikhismo, che a differenza dell'induismo è monoteista, considera Dio un'entità impersonale con il quale i singoli esseri vanno a fondersi. I Jaina credono invece che gli umani stessi divengano divini con l'ascesi e l'abnegazione, mentre i buddisti non danno peso alle divinità e cercano il Nirvana, uno stato al di là della gioia e del dolore. In ogni caso, per tutte queste religioni lo yoga serve ad uscire dal Samsara, il ciclo continuo di morti e rinascite per entrare nel Moksha, la liberazione.
In uno dei più importanti libri sacri dell'induismo, la Bahagavad-Gita, il dio Vishnu, assunto l'aspetto umano del cocchiere Krishna, spiega che esistono almeno quattro tipi di yoga:
- Karma Yoga: la via dell'azione sacralizzata, l'agire disinteressato, compiendo il proprio dovere senza pensare alle conseguenze positive o negative che ciò possa avere.
- Jnana Yoga: la via della conoscenza spirituale, il cercare la verità metafisica dell'esistenza dietro le apparenze.
- Bhakti Yoga: la via della devozione e dell'amore verso una divinità o anche solo verso un maestro spirituale.
- Dhyana Yoga: generalmente viene intesa come via della "meditazione". In realtà il termine Dhyana in sanscrito si può tradurre anche come "contemplazione", esattamente lo stesso significato del greco Theoria. Si abbatte la divisione tra chi guarda e ciò che viene guardato, come nello Zen.
Somiglianze e differenze
La sillaba "Om", usata come Mantra, è divenuta il simbolo dell'induismo |
Immediatamente scopriamo che una differenza tra lo yoga e l'esicasmo è nello scopo. Per un cristiano non ci sono altre vite terrene dopo la morte, ma solo la possibilità di un giudizio di salvezza o condanna. In più, Dio è considerato un essere personale, anzi un essere che si è incarnato in una persona umana, Gesù di Nazareth.
Nonostante ciò, ci sono somiglianze nella pratica: tanto gli yogi che gli esicasti ripetono continuamente una frase che li aiuta a concentrare la loro mente: per i primi è il Mantra, per i secondi la Preghiera di Gesù. Solo che, mentre il Mantra è considerato una frase sacra in sé stessa e, quindi, immodificabile (es. se è in sanscrito non può essere tradotta in altre lingue), la Preghiera di Gesù è sacra per il suo significato e, quindi, può essere abbreviata, allungata o modificata. Anche solo dire "Vieni, Signore" o "Signore, pietà" va bene lo stesso. Non importa neanche che si usi il latino, il greco, l'italiano o qualsiasi altra lingua.
Tuttavia, sia gli yogi, sia gli esicasti cercano di adeguare lo loro respirazione e persino il loro battito cardiaco alla recitazione delle loro invocazioni. Quindi, yoga ed esicasmo hanno in comune l'essere una pratica psico-fisica, ossia che unisce il corpo, la mente e lo spirito. Senza contare che le quattro vie esposte da Krishna nella Bahagavad-Ghita potrebbero essere sottoscritte anche dai praticanti dell'esicasmo.
Io non prendo posizione se sia meglio l'uno o l'altro. Ognuno deve scegliere sulla base della sua personalità e sul percorso che sta seguendo, semplicemente ho voluto fare alcune puntualizzazioni su queste due affascinanti scuole spirituali.
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