domenica 22 agosto 2021

Islamici ecumenici

Vista la tragica situazione in Afghanistan, ho deciso di dedicare un post a quelle personalità del mondo islamico che si sono dedicate al dialogo fra la religioni. Spesso si parla di Islam "moderato" (termine che i musulmani non amano), contrapposto al fondamentalismo terroristico, però non si fanno mai nomi precisi dei suoi esponenti. Ho voluto quindi scrivere delle brevi biografie di cinque uomini che si sono spesi attivamente per l'ecumenismo, oltre che per l'incontro tra modernità e tradizione. Si tratta di tre sunniti e due sciiti, due italiani, due iraniani ed un arabo, tanto a dimostrare quanto certe istanzi siano trasversali a tutto l'universo musulmano.

ABD AL-WAHID PALLAVICINI (1926-2017)

Lo Shaykh Pallavicini

Lo Shayk in compagnia di un prete cattolico ed un rabbino ebreo


Nato Felice Pallavicini, si è convertito  all'Islam (o come diceva lui stesso "ricollocato nell'Islam") nel 1951, sotto l'influsso del filosofo francese René Guénon. Proprio come Guénon, anche Pallavicini entra in una confraternita Sufi, la Tariqah Shadhiliyyah, della quel diventerà anche Shaykh (letteralmente "anziano", ma il senso è quello di "maestro"), quindi fonderà a Milano la COREIS (Comunità Religiosa Islamica). Inoltre, sposa una donna giapponese buddista, anche lei divenuta musulmana, dalla quale avrà il figlio Yahya Sergio Pallavicini. Si è sempre prodigato per il dialogo inter-religioso, partecipando anche agli incontri di Assisi, organizzati dai papi cattolici. Metteva sempre in risalto che in tutte le religioni abramitiche è presente un'attesa escatologica non per la fine della storia, bensì per il suo fine, la Rivelazione divina definitiva, oltre che un culto per il Nome stesso di Dio, ripetuto e contemplato infinitamente. In più, faceva propria l'espressione del Dalai Lama che definiva l'ecumenismo un "dialogo fra ortodossie", condannando quindi certe forme moderne di sincretismo o di relativismo. Lamentò pure il troppo spazio che gli occidentali danno tutt'oggi al movimento, in realtà fondamentalista, dei Fratelli Musulmani.


GABRIELE MANDEL (1924-2010)

Il Khalifa Gabriele Mandel Khan


Di famiglia cosmopolita, suo padre era di origini turco-afgane, invece la madre era un'italiana ebrea. Come faceva notare, però, anche il cognome paterno (in realtà Hatimandel Khan), una volta abbreviato in Mandel, suonava tipicamente ebraico. In ogni caso, Gabriele Mandel è stato un musulmano, shaykh nella Tariqah Naqshabandi, la più diffusa confraternita contemplativa islamica, e Khalifa (vicario) della confraternita Jerrahi-Halveti. Plurilaureato, dopo un'esperienza come archeologo in Giordania, stroncata dalla Guerra dei Sei Giorni, si era poi dedicato alla professione di psicoterapeuta. In essa cercava di far confluire le sue conoscenze della mistica islamica con quelle della psicologia occidentale. Per esempio, riporto qui alcune sue parole sul tema della felicità: "La felicità, [...] essendo un fatto episodico determinato da una circostanza esterna all’individuo, è un sentimento positivo transitorio. Di ben altra importanza, invece, e ben più desiderabile, è la serenità, determinata da una evoluzione dell’essere e dal raggiungimento di una consapevolezza globale, pertanto avvertita dalla 'personalità'. Quindi vivo le varie 'felicità' come circostanze transitorie, ma tendo alla serenità, il cui stato, una volta raggiunto, è eterno". Grande pure il suo impegno nel far conoscere in Italia la cultura, l'arte, la musica e la spiritualità musulmane, spesso intrattenendosi con personalità, quali il cantautore Franco Battiato.

MUSA AL-SADR (1928-1978?)

Musa al-Sadr


Iraniano, trapiantato in Libano, dove ha fondato il partito politico Hamal (in italiano "Speranza"), è poi scomparso misteriosamente in Libia, dove si era recato per un viaggio diplomatico. Della sua sparizione viene in genere accusato il colonnello Muammar Gheddafi, ma io non voglio intromettermi qui in diatribe politiche. L'importanza dell'Imam al-Sadr è stata quella di essere stato il primo sciita a recarsi in visita ad una chiesa cristiana nel giorno di Pasqua e di aver favorito il dialogo sia tra le religioni monoteistiche, sia tra le diverse confessioni in cui si divide l'Islam: non a caso, fu lui ad emettere una Fatwa (sentenza giuridica) in cui si riconosceva anche gli alawiti, una minoranza religiosa della Siria e del Libano, come autentici musulmani sciiti. Sempre nella stessa fatwa si diceva disponibile a dialogare anche con gli aleviti turchi, un'altra minoranza che, al di là delle apparenze, ha in comune con gli alawiti solo il nome derivato dall'Imam Alì, il cugino del Profeta Muhammad e marito della figlia di questi, Fatima. In molti suoi scritti e discorso ha messo in risalto l'importanza della libertà e della giustizia sociale nella fede islamica, spesso facendo riferimento anche a filosofi occidentali, quali Carlo Marx e Jean-Paul Sartre. Insegnava infatti che "Le religioni sono al servizio dell'essere umano" e non il contrario.

AHMAD BADREDDIN HASSOUN (1949)

Badreddin Hassoun con il patriarca melchita Gregorio III

Badreddin Hassoun con il Patriarca Siro-Ortodosso Ignazio Efrem II


Imam sunnita e Sufi nella confraternita Naqshabandi, nel 2005, alla morte del suo maestro e confratello, Ahmed Kuftaro, gli è succeduto come Gran Muftì della Repubblica Araba Siriana. Il Gran Muftì è l'unico giurista coranico del paese ad essere autorizzato ad emettere delle Fatwa. Per il suo appoggio al presidente siriano Bashar al-Assad, Hassoun è stato molto vilipeso dai media europei e nordamericani. In realtà, la suo posizione è dovuta al fatto che quello di Assad è ormai fra i pochi governi laici e multiconfessionali presenti nel Vicino Oriente. Il Gran Muftì, non a caso, ha sempre collaborato con le altre comunità religiose presenti in Siria, sia quelle musulmane (sciiti, alawiti, drusi), sia quelle cristiane (cattolici romani, greco-ortodossi, siro-ortodossi, armeni), al punto da affermare: "Io sono il Gran Muftì di tutti, sunniti, sciiti, cristiani, atei e comunisti". Per questo motivo uno dei suoi figli, Sariah, è stato ucciso dai terroristi dell'ISIS, ma Hassoun è stato disposto a perdonarne gli assassini e ad intercedere per loro presso la magistratura. Il suo pensiero riguardo all'importanza della laicità dello Stato è espresso in queste sue parole: "Né Cristo, né Maometto, né Mosè hanno fondato degli Stati, ma hanno forgiato degli uomini; e gli uomini, facendo leva sulla virtù e sulla morale, costituiscono lo Stato. Perciò lo Stato è un'opera umana, mentre la religione è un'opera di Dio. La differenza tra le due realtà sta anche nel fatto che, mentre nello Stato c'è un sistema di leggi a cui tutti devono obbedire, ciascuno è giudicato secondo le sue azioni e non secondo le sue intenzioni. Invece la religione è fede, morale e virtù basate sull'amore e sulla libertà di scelta". 

MOHAMMAD ALI SHOMALI (1965)

Mohammad Alì Shomali


Originario dell'Iran, ha studiato a Qom, la principale sede di studi per i religiosi sciiti, e all'Università di Teheran. Ha poi ottenuto un dottorato dall'Università di Manchester. Viaggiando in Gran Bretagna e Stati Uniti, nonché vari paesi europei ed asiatici, si è impegnato nel dialogo tra l'Islam, il protestantesimo e il cattolicesimo romano, scrivendo e curando diversi volumi a riguardo. Ha anche avuto una lunga amicizia con il defunto abate cattolico Timothy Wright con il quale ha anche condiviso nel 2017 il premio Miglior Libro dell'Anno, assegnato dalla Repubblica Islamica Iraniana.

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