Timothy Radcliffe con una giovane musulmana |
Laurence Freeman, benedettino e maestro di meditazione |
Olivier Clément, teologo protagonista del dialogo ecumenico |
Il termine "apofatico" in greco significa "lontano dal dire", nel senso di qualcosa lontano dalle parole e dei concetti in cui noi cerchiamo continuamente di ingabbiare la realtà. Sfortunatamente per noi, la vita è sempre più vasta e mutevole rispetto a tutte le nostre filosofie e ideologie.
Per capire il ruolo dell'apofatismo nella ricerca spirituale, bisogna comprendere che esistono almeno quattro gradi della teologia:
- il primo è quasi una premessa, cioè il rendersi conto che da qualche parte esiste qualcosa di "altro" rispetto a noi. Possiamo chiamarlo trascendenza o Divinità o in altri modi, ma esiste;
- la teologia affermativa o "catafatica" che cerca di comprendere Dio elaborando concetti su di esso, studiando le Scritture e formulando dogmi ( Dio è questo, è quello). La situazione è simile a quella di un uomo che con le sue forze cerca di scalare una montagna.
- la teologia negativa o, appunto, apofatica, che parla della Divinità attraverso negazioni (non è questo, non è quello). L'uomo del nostro esempio è arrivato in cima alla montagna, ma si è accorto che il Divino non è lì.
- la teologia mistica, in cui è la Divinità stessa che viene incontro all'uomo. A questo ultimo passo molti non crederanno oppure penseranno possa accadere solo dopo questa vita. Eppure, tante persone, credenti e non, che hanno sperimentato una vicinanza incredibile con il trascendente. Solo che si tratta di episodi sporadici e di breve durata. La speranza dei mistici è quella di riuscire a rendere costante questo stato.
Mi auguro di non apparire troppo presuntuoso, se dico che mi sembra di aver già attraversato i primi due gradi e di trovarmi ora al terzo, sebbene la via spirituale non sia mai lineare e magari potrei trovarmi a dover retrocedere.
In ogni caso, ho deciso di condividere con voi i miei pensieri e le mie esperienze. Premetto che non si tratta di dogmi, ma solo di mie congetture che potrebbero anche essere sbagliate.
Posso dire di essere nato da madre credente e padre ateo. Io mi sono sempre sentito cristiano, ma capivo poco la mia religione: ho attraversato periodi di fondamentalismo, nei quali mi scagliavo contro chi non credeva, ed altri di disgusto in cui mi sentivo estraneo alla comunità dei fedeli. A riuscire a trovare un certo equilibro sono state diverse letture: il domenicano inglese Timothy Radcliffe che mi ha insegnato il significato vero di alcune verità di fede che recitavo nel Credo senza capire. Poi, i benedettini anche loro anglosassoni, John Main e Laurence Freeman, i quali mi hanno fatto scoprire che anche i seguaci di Gesù possono apprendere delle spiritualità delle altre religioni. Infine, Olivier Clément, un accademico e scrittore francese convertito alla Chiesa Ortodossa, che mi ha fatto scoprire quella forma di meditazione profonda, chiamata esicasmo, di chi spero di poter parlare diffusamente in futuro.
Tutto questo ha fatto però parte della parte catafatica del mio cammino, che ora considero conclusa.
Certamente, non tutti condivideranno la strada che ho percorso fin qui. In fondo, un paio di scarpe possono essere belle o brutte, vecchie o nuove, da sera o da tennis, mocassini o sandali, però si possono indossare solo quando sono della propria taglia.
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